Il babbo di Oblomov

giovedì 7 Aprile 2011

– È un po’ che non leggo un libro, – diceva, o, delle volte, cambiava frase: – Dài che leggiamo un libro, – diceva, oppure semplicemente passava di fianco a una piletta di libri passatigli dal fratello e tirava fuori, senza guardare, il primo che gli capitava.
Fosse Golikov, o il Nuovissimo libro dei sogni, o la Russiade di Cheraskov, o una tragedia di Sumarokov, o, infine, un periodico di tre anni prima, Oblomov leggeva tutto con identico piacere, esclamando, di tanto in tanto:
– Guarda un po’ cosa è andato a pensare! Che brigante! Ah, che ti venga un accidente!
Queste esclamazioni si riferivano all’autore, qualifica che, ai suoi occhi, non meritava nessuna considerazione; aveva fatto anche proprio quel semidisprezzo per gli scrittori che per essi nutrivano gli uomini del passato. Egli, come molti, allora, considerava gli autori dei buontemponi, dei perdigiorno, degli ubriaconi e dei buffoni, delle specie di ballerini.