Erre i zeta

sabato 6 Giugno 2015

Mi hanno chiesto di scrivere un libro che parli del mondo in cui vivo come un mondo completamente diverso da quello in sono nato, cioè che parli dell’Italia contemporanea come un posto completamente diverso dall’Italia degli anni sessanta e io ho accettato e mi son messo a prendere degli appunti e mi sono appuntato che domenica, a Bologna, nel tornare dalla stazione, in bicicletta, in un tratto in cui la pista ciclabile incrocia le strisce pedonali, uno con una maglietta gialla su una macchina blu stava per investirmi, e quando gli ho fatto notare che forse non era il caso, lui mi ha detto che su quelle strisce pedonali non bisognava andare in bicicletta, bisognava portare la bici a mano.
Io gli ho chiesto se gli sembrava un motivo sufficiente per investirmi, lui mi ha detto di sì, io gli ho detto che mi sembrava proprio un ragionamento da persona intelligente, lui mi ha detto che sono un idiota.
Dopo, lunedì, l’unica telefonata che ho ricevuto in tutta la giornata veniva da un call center, era uno che lavorava per Vodafone che voleva chiedermi se volevo cambiare operatore telefonico che c’era un’offerta che avevo la possibilità di fare telefonate per un numero illimitato di minuti per una cifra relativamente bassa io gli ho detto che lo ringraziavo ma non credevo di averne molto bisogno.
Poi, martedì, non c’entra niente, a Cesenatico son passato davanti a un albergo che si chiamava Hotel Riz scritto così: erre i zeta, e ho pensato che mi sarebbe piaciuto passarci un po’ di tempo per vedere cosa ci succedeva dentro.
Dopo, mercoledì, sono sceso per portare la carta per la raccolta differenziata, dentro la cassetta delle lettere c’era un romanzo che mi avevan mandato scritto da un esordiente (o semi-esordiente) e la prima cosa che ho visto è stato che aveva una prefazione.
E solo il fatto che avesse una prefazione mi faceva passare la voglia di leggerlo perché una volta avevo letto una cosa che aveva scritto un critico russo che si chiama Viktor Šklovskij che diceva che gli autori esordienti si dividono in due categorie, quelli con prefazione e quelli senza prefazione, e che quelli senza prefazione di solito duran di più.
Dopo, mercoledì, ho sentito per radio che si parlava di uno che era scomparso prematuramente e mi è venuto da chiedermi se è mai successo che qualcuno sia scomparso al momento giusto o, anche, che qualcuno sia scomparso troppo tardi.
E mi è venuta in mente l’Opera numero 145 delle Opere complete di Learco Pignagnoli che dice così: «Opera numero 145. Prendiamo un tipo come Hitler, era mica meglio ammazzarlo quando era ancora un ragazzo? Tutti avrebbero detto oh che crimine hanno ucciso un ragazzo di quattordici anni! Parlate pure, s’è visto che bella roba ha fatto. Ma se non ci fosse stato lui ci sarebbe stato un altro, Himmler, o Goering, dicono. Intanto cominciamo da lui, cominciamo dai responsabili diretti e individuali».
Ecco, negli anni sessanta non c’erano le piste ciclabili, non c’erano i call center, non c’era la telefonia mobile, non c’era la raccolta differenziata, non c’erano le Opere complete di Learco Pignagnoli c’è talmente tanta di quella roba da scegliere che mi viene da dire che sarà un libro difficilissimo, da scrivere, quel libro lì.

[uscito ieri su Libero]