Come alla biennale di Venezia

giovedì 30 Gennaio 2014

Didi-Huberman

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

È una sensazione penosa vedere i blocchi del campo – dal 13 al 21 – trasformati in “padiglioni nazionali” come alla biennale di Venezia, che si sta svolgendo proprio mentre attraverso questi luoghi. Qui, più che altrove, i muri mentono: una volta entrato nel blocco, non posso vedere nulla di ciò che è un blocco, dato che è stato “riadattato” come spazio espositivo. Il padiglione polacco con i suoi grandi quadri pedagogici e la sua enfasi nazionale; il padiglione italiano con la sua architettura a spirale, come se fosse necessaria una fantasia decorativa per veicolare il messaggio storico; il padiglione francese con la sua “sceneggiatura” firmata da Annette Wieviorka, la sua “scenografia”, il suo “grafismo”, le sue inutili ombre disegnate sul muro, la sua installazione che imita un’opera di Christian Boltanskij e la sua pubblicità per il film Sohah di Claude Lanzmann. I libri di Annette Wieviorka sono più che mai necessari nelle biblioteche, il film di Claude Lanzmann è più che mai necessario nei cinema. Tutti i luoghi di cultura – biblioteche, cinema, musei – possono concorrere a costruire una memoria di Auschwitz nel mondo, inutile dirlo. Ma che cosa dire, invece, quando Auschwitz deve essere dimenticata nel suo luogo reale per costituirsi come luogo fittizio destinato a ricordarsi di Auschwitz?

A Birkenau, è tutta un’altra cosa.

[Georges Didi-Huberman, Scorze, traduzione di Anna Trocchi, Roma, nottetempo 2014, pp. 24-27]