Un piccolo sigaro paglierino

lunedì 12 Novembre 2018

Nonostante il loro matrimonio durasse da più di otto anni, ciascuno dei due offriva ancora all’altro o un pezzetto di mela, o una piccola noce, e parlava con voce così dolce da essere toccante, esprimendo un amore perfetto: “Spalanca, anima mia, la tua boccuccia, ti metto questo pezzetto”. Va da sé che la boccuccia si apriva in quei casi in modo molto grazioso. Per il compleanno venivano preparate delle sorprese, una qualche foderetta di perline per lo spazzolino da denti. E assai spesso, sedendo sul divano, all’improvviso, senza che assolutamente se ne conoscesse la ragione, l’uno abbandonando la sua pipa, l’altra il suo lavoro, se solo in quel momento lo teneva in mano, si stampavano l’un l’altra un così languido e lungo bacio, che nel suo corso si poteva facilmente fumare un piccolo sigaro paglierino. Per farla breve, essi erano, come si dice, felici.

[Nikolaj Gogol’, Anime morte, Capitolo II]

I grassi

lunedì 12 Novembre 2018

I grassi son più bravi, a questo mondo, a sbrigare i loro affari, di quanto non lo siano i magrini. I magrini servono più per gli incarichi speciali, oppure semplicemente si fanno immatricolare e tergiversano qua e là: la loro essenza è in qualche modo troppo leggera, aerea, e del tutto inaffidabile. I grassi non ingombrano mai i posti inclinati, ma sempre i piani, e se si siedono da qualche parte, siedono sicuri e forti, tanto che presto il posto comincia a deprimersi e a stridere sotto di loro.

[Nikolaj Gogol’, Anime morte, Capitolo I]

Il giallo e il violetto

martedì 6 Novembre 2018

Vladimir Nabokov, Nikolaj Gogol'

La differenza tra la visione umana e l’immagine percepita dall’occhio sfaccettato di un insetto può essere paragonata alla differenza tra un cliché a mezzatinta ottenuto con il retino più fine e la medesima immagine realizzata con la schermatura a grana grossa, quella che si usa nella riproduzione illustrata dei comuni giornali. La stessa relazione esiste tra il modo in cui vedeva le cose Gogol’ e il modo in cui vedono le cose i lettori ordinari e gli scrittori ordinari. Prima dell’avvento suo e di Puškin, la letteratura russa era praticamente cieca. La forma che percepiva era un profilo guidato dalla ragione: non vedeva il colore in sé, ma semplicemente usava le trite combinazioni di sostantivi ciechi e aggettivi fedeli come cani che l’Europa aveva ereditato dagli antichi. Il cielo era azzurro, l’alba rossa, il fogliame verde, gli occhi della bellezza neri, le nuvole grigie e così via. Fu Gogol’ (e, dopo di lui, Lermontov e Tolstoj) a vedere per primo che esistevano il giallo e il violetto. Che il cielo potesse essere verde pallido al sorgere del sole, o la neve di un azzurro intenso in un giorno sgombro di nuvole, sarebbe suonato come una sciocca eresia allo scrittore cosiddetto «classico», abituato com’era ai rigidi e convenzionali schemi coloristici della scuola letteraria francese del secolo XVIII.

[Vladimir Nabokov, Nikolaj Gogol’, a cura di Cinzia De Lotto e Susanna Zinato, Milano, Adelphi 2014, pp. 86-87]

Gente vera e vero crimine

lunedì 5 Novembre 2018

Vladimir Nabokov, Nikolaj Gogol'

Lo ripeto, tuttavia, a beneficio di coloro a cui piace che i libri diano loro «gente vera» e «vero crimine» e un «messaggio» (quell’orrore degli orrori preso a prestito dal gergo dei riformatori quaccheri). Anime morte non li condurrà da nessuna parte.

[Vladimir Nabokov, Nikolaj Gogol’, a cura di Cinzia De Lotto e Susanna Zinato, Milano, Adelphi 2014, p. 75]

Tutte le volte

domenica 4 Novembre 2018

Tutte le volte che rileggo il Cappotto di Gogol’, questa settimana tre volte che stiamo lavorando sulle bozze, quando arrivo al punto, alla fine, dove alla polizia impartiscono la disposizione di catturare il morto vivo o morto, non so cosa farci, scoppio a ridere, tutte le volte.

Un evento che deve succedere domani

domenica 21 Ottobre 2018

Io, però, sono straordinariamente amareggiato da un evento che deve succedere domani. Domani alle sette si compirà uno strano fenomeno: la terra si poserà sulla luna. Ne scrive il celebre chimico inglese Wellington. Confesso di aver provato un’agitazione di cuore, quando mi sono immaginato la straordinaria fragilità e la scarsa resistenza della luna. La luna, di solito, la fanno ad Amburgo, infatti; e la fanno malissimo. Mi meraviglio che l’Inghilterra non faccia caso a questa cosa. La fa un bottaio zoppo, e si vede che è un asino, e non ha nessuna idea di cosa sia la luna. Ci ha messo una fune incatramata e una parte di olio vegetale. E così per tutta la terra c’è una puzza orribile, tanto orribile che bisogna tapparsi il naso. E è per quello che la luna è un globo così molle che la gente non ci può abitare, per niente, e lì adesso ci abitano solo i nasi. E è proprio per quello che non riusciamo a vederci i nostri nasi, perché i nasi son sulla luna. E quando mi sono figurato la terra come sostanza pesante che perciò, posandosi, avrebbe potuto ridurre in polvere i nostri nasi, mi ha preso un’inquietudine tale che, messe le calze e le scarpe, mi sono affrettato nella sala del consiglio di stato per ordinare alla polizia di non permettere alla terra di posarsi sulla luna. I cappuccini rasati che ho trovato in gran quantità nella sala del consiglio di stato, erano della gente molto intelligente, e quando ho detto: “Signori, salviamo la luna, perché la terra ci si vuol posare sopra” si sono precipitati tutti a esaudire il mio desiderio di monarca, e molti si sono arrampicati su per il muro per afferrare la luna; ma in quel momento è sbucato fuori il gran cancelliere. Vedendolo, si son tutti dispersi. Io, come re, son rimasto solo. Ma il cancelliere, con mio grande stupore, mi ha picchiato col bastone e mi ha cacciato nella mia stanza.

[Nikolaj Gogol’, dai Racconti di Pietroburgo, esce a fine novembre per Marcos y Marcos]

Così imparavano

giovedì 18 Ottobre 2018

Delle volte gli veniva la rabbia quando vedeva che un pittore straniero, un francese, o un tedesco, delle volte neppure un pittore per vocazione, con il solo mestiere che si era fatto abitudine, con la vivacità del suo pennello e la luminosità dei suoi colori faceva scalpore, e si metteva da parte, in un attimo, un capitale. Questo non gli veniva in mente quando, preso tutto il giorno dal proprio lavoro, dimenticava di bere, e di mangiare, e il mondo intero, ma quando, alla fine, si faceva sentire il bisogno, quando non c’erano soldi per comprare i pennelli, e i colori, quando il padrone di casa, ossessionante, veniva dieci volte al giorno a chiedere i soldi dell’affitto. Allora nella sua immaginazione la sorte del pittore ricco diventava invidiabile; allora balenava anche un pensiero che balena spesso nella testa dei russi: piantare lì tutto e mettersi bere a più non posso, per ripicca, così imparavano. E adesso era quasi in una condizione del genere.

[Nikolaj Gogol’, Il ritratto, dai Racconti di Pietroburgo]

Un’altra frase di Gogol’

mercoledì 17 Ottobre 2018

Appena ti metti sulla prospettiva Nevskij, si sente odore di passeggiata.

[Nikolaj Gogol’, La prospettiva Nevskij, dai Racconti di Pietroburgo che escono a fine novembre (forse) per Marcos y Marcos]

La cosa peggiore che poteva fare

venerdì 5 Ottobre 2018

Vladimir Nabokov, Nikolaj Gogol'

Puškin avrebbe semplicemente sfoderato i luccicanti denti da negro in una bonaria risata – per poi volgersi al manoscritto incompleto del suo capolavoro di turno. Gogol’ fece ciò che aveva fatto dopo il fiasco di Kuechelgarten: fuggì, o piuttosto scivolò via, verso terre straniere.
Fece anche qualcos’altro. Fece la cosa peggiore che uno scrittore potesse fare in quelle circostanze: cominciò a spiegare a mezzo stampa i punti del suo lavoro che i critici avevano o trascurato o rivolto contro di lui. Gogol’, essendo Gogol’ e vivendo in un mondo a specchio, aveva la speciale abilità di pianificare per intero le proprie opere dopo averle scritte e pubblicate. E così fece con Il revisore. Vi aggiunse una sorta di epilogo in cui spiegava che il vero Revisore che si profila di lontano alla fine dell’ultimo atto è la Coscienza dell’Uomo, mentre gli altri personaggi sono le Passioni che albergano nelle nostre Anime. In altre parole, si doveva credere che queste passioni erano simboleggiate da funzionari di provincia e che la Coscienza più elevata era simboleggiata dal Governo.

[Vladimir Nabokov, Nikolaj Gogol’, a cura di Cinzia De Lotto e Susanna Zinato, Milano, Adelphi 2014, p. 62]

C’è un commissario

lunedì 24 Settembre 2018

C’è un commissario, nel Naso, uno dei racconti che compongono questo libretto, che, per descrivere una banconota, dice così:
«È una cosa che non c’è niente di meglio, di questa cosa: non chiede da mangiare, non occupa spazio, in tasca ci sta sempre, la fai cadere non si rompe».
E quando si incontra il Personaggio importante, nel Cappotto, Gogol’ lo introduce così:
«Quale fosse e in cosa consistesse la carica del personaggio importante, ancora oggi non si sa. Bisogna sapere che quel personaggio importante era diventato da poco un personaggio importante e, fino a poco prima, era stato un personaggio che non era importante».
E quando, poco prima, Akàkij Akàkevič entra nella cucina del sarto, leggiamo questo:
«La porta era aperta perché la padrona di casa, preparando non so bene che pesce, aveva fatto così tanto fumo, in cucina, che non si vedevan neanche più gli scarafaggi».
E per la moglie del barbiere del Naso, Gogol’ trova tre parole, «una signora abbastanza rispettabile», che ce la squadernano sotto gli occhi in un modo che prefigura il dialogo straordinario delle Anime morte tra la «Signora piacevole sotto tutti i punti di vista» e la signora «Semplicemente piacevole».
Nelle storie della letteratura russa, a un certo punto si arriva al realismo, e il primo autore realista in cui ci si imbatte, di solito, è Nikolaj Gogol’.
Che è una cosa abbastanza stupefacente, se si considera che, in questo libretto, a un certo punto, alla polizia viene impartita «la disposizione di catturare il morto a tutti i costi, vivo o morto, e di punirlo, che servisse d’esempio, nel modo più crudele possibile».
O che, qualche pagina prima: «Il naso aveva guardato il maggiore, e le sue sopracciglia si erano un po’ aggrottate». Le sopracciglia del naso, come tratto realistico, sono molto realistiche, effettivamente. Per non parlare di quel «colore del viso che si chiama emorroidale», la cui colpa è «del clima pietroburghese». O della luna che «la fanno ad Amburgo, e la fanno malissimo». O del fatto che «tutto questo succede, credo, perché la gente si immagina che il cervello si trovi nella testa; no ve’: lo porta il vento dalle parti del mar Caspio».

[Da Il futuro della letteratura russa, introduzione alla nuova edizione dei Racconti di Pietroburgo di Gogol’ che uscirà, tra qualche settimana, per Marcos y Marcos]