Se c’è in viale è del tramonto
La lingua deI discorsi dei presidenti della Repubblica e di noialtri che non contiamo niente: Clic
La lingua deI discorsi dei presidenti della Repubblica e di noialtri che non contiamo niente: Clic
Martedì 1 febbraio,
sul mio profilo Instagram,
alle 19,
brevissimo discorso sui discorsi
del Presidente della Repubblica
In realtà io, quando usavo queste espressioni, a me sembrava di parlare, in realtà io non parlavo, ero parlato, cioè non dicevo quel che volevo dire io, dicevo quel che voleva dire la lingua (parassita).
[Martedì primo febbraio, alle 19, su Instagram, brevissimo discorso sui discorsi dei presidenti della repubblica]
E allora, tre anni prima, avevo una sicurezza, in me, che adesso, tre anni dopo, non ce l’avevo più minimamente, che eran solo tre anni ma eran stati tre anni che si vede che era successa un sacco di roba per esempio io avevo praticamente ricominciato a star con Togliatti e mi ero accorto che io, la pratica di scrivere, per me, nella mia testa, era sempre stata una pratica un po’ da fuorilegge ma che son fuorilegge perché è la legge, che è sbagliata, non son mica loro, da anticonformisti che si oppongono alle masse ma han ragione loro, altro che le masse, e io, dentro questo ritratto eroico che un po’ mi facevo di me, in questi tre anni che tra le altre cose avevo ritrovato uno specie di famiglia con Togliatti e con la Battaglia, mi ero accorto che io, avere una famiglia con Togliatti e con la Battaglia era una cosa che mi rovinava un po’ l’autoritratto mio di ribelle irriducibile che mi piaceva così tanto, peccato.
Giovedì 21 settembre,
a Luzzara,
al centro culturale Zavattini,
Viale Filippini 35
alle ore 20.15
FORLIMPOPOLI
(discorso sulla lingua del 900)
Venerdì 19 agosto,
a Sestola,
in piazza della Vittoria,
alle 18 e 30,
Le parole senza le cose,
con Stefano Marchetti
Facevo anche dei corsi, a Bologna, che si chiamavano Scuola elementare di scrittura emiliana e di letteratura russa, e un allievo di uno di questi corsi che si chiamava Luca una volta aveva detto che una persona impegnata, negli anni settanta del novecento, era uno che aveva un’idea politica, che a Bologna era prevalentemente di sinistra; oggi invece una persona impegnata, aveva detto Luca è uno che ha un sacco di cose da fare. E un mattino, a andare a correre, mi era venuto in mente che subito dopo la guerra, la parola impegnato aveva probabilmente a che fare col monte dei pegni, secondo me.
Che allora, a seguire il significato della parola impegnato, veniva forse anche un po’ fuori una minuscola storia dell’Emilia nel novecento: pochi soldi – marxismo leninismo – troppo lavoro.
Il duplex, per esempio: a quella scuola lì che facevo a Bologna mi sono accorto che che dei ragazzi che hanno trent’anni non sanno che cos’è il duplex che per me è stato una cosa che mi veniva da chiedermi «Ma in che mondo vivete?».
E ho avuto l’impressione che questa cosa di un cambiamento, cioè di parole che sono rimaste le stesse, ma che designano una cosa completamente diversa, come telefono, per esempio, che io, quando penso a un telefono, penso al telefono fisso, quello con una rotella trasparente con dei buchi per metterci dentro le dita, quello grigio, con la cornetta, ecco io, quando disegno un telefono, disegno quello, la Battaglia, quando disegna un telefono, disegna una cosa piatta, rettangolare, con i numeri dall’uno allo zero ordinati su tre colonne, una cosa touch screen, credo si dica, non c’è una parola italiana per dirla come si deve, o forse c’è e io non la so ma non volevo dir quello, volevo dire che secondo me sono tantissime, le parole che in questi ultimi anni hanno cambiato mestiere, se così si può dire. E è già un po’, che è così.
Nel 2008, per dire, con della gente che gli piaceva scrivere, abbiamo cominciato a fare una rivista che si chiamava L’accalappiacani.
Era un settemestrale di letteratura comparata al nulla, l’unico settemestrale al mondo, ci sembrava, e dentro il numero uno di quel settemestrale c’era un pezzetto che si intitolava Repertorio di quello che si trovava in edicola che diceva così:
Repertorio di quello che si trovava in edicola
Questo è il repertorio di quello che si trovava in edicola di interessante la settimana scorsa:
il mensile Cipria di marzo con il poncho con le frange in morbido pile, ampio e avvolgente, in tre fantastici colori modo a solo 5,90 euro;
il film per adulti Penerentola;
il film per adulti Tutti cazzi per Mary;
il mensile Donna e mamma di marzo con il libro indispensabile Le grandi paure dei piccoli a soli un euro e novanta in più;
il periodo Tanti amici per giocare – Teneri da collezione, con il bambolotto Papik l’eschimese a soli 3 euro e novanta;
il mensile Cucina creativa con set di decorazioni per antipasti e dolci, rivista più accessori euro otto e novanta;
mensile Star bene di aprile con kit anticellulite con: fango istantaneo in crema – gel drenante effetto freddo – guanto cento per cento naturale;
il mensile La cucina italiana di febbraio con pelapatate a solo quattro euro e novanta in più;
Cose antiche di aprile, pubblicazione con in regalo un capolavoro degli impressionisti in cornice da comodino a soli quattro euro e novanta;
Il piacere del formaggio n° 23 con in omaggio maxi ciotola multiuso Guzzini;
mensile Fox uomo con il dvd Le strane creature dallo spazio o Squali, la verità sui kiler dei mari;
Anni settanta prima visione in dvd grandi attrici e grandi attori del cinema proibito Pamela, con Veronica Hart (comprato);
il Sole 24 ore con I classici del pensiero italiano – Mazzini;
Top salute, il giornale della prevenzione, con il dolcevita satin senza maniche perfetto in ogni occasione – tre colori moda rosa, arancio, verde, solo quattro euro e novanta;
Cosmopolitan più culotte Roberta colore azzurro o nero, solo 4,80 euro;
Focus di aprile con eclissi di sole a 9 euro e novanta;
Girl friend magazine solo 3 euro con il pelouche per il tuo cellulare;
la rivista Facilmente pesce, con i consigli di Davide Mengacci 1,90 euro;
il mensile Astra con “lo scrigno della divinazione” in omaggio a soli 7 euro e novanta;
Riza DVD del benessere di Raffaele Morelli “La depressione come vincerla”;
Vera magazine più il set intimo in puro cotone a sei euro e novanta;
Trendy girl alternativa con scaldacollo mille righe più cinque spille per un look di tendenza più mega poster di Jesse McCartney esclusivo solo 3 euro e novanta;
Top girl Chi sono, perché piacciono le acchiappamaschi più zerottino orsetto 3 euro e novanta
Men’s healt con i DVD in forma in quindici minuti, più addominali meno grasso più muscoli, 4 allenamenti mirati per un corpo nuovo;
Silhouette donna di aprile più borsa da viaggio trolley a 11 euro e 90;
Corso di streap tease n° 1 di Superpippa channel;
Geo con in regalo il grande poster delle balene;
Week end planner di marzo, aprile, maggio con in regalo una fantastica crema mani cambia pelle;
il periodico Radio da collezione con il modello Addison 5 F a 11 euro e 90;
la rivista Harry Potter solo 2 euro e novanta con la “prodigiosa bacchetta magica magnetica”;
il film porno Penocchio.
Ecco.
Dopo che avevo copiato questo repertorio (che l’aveva scritto Ugo Cornia insieme a un suo amico che aveva un’edicola), ero andato a prendere la mia crema norvegese perché mi era venuta voglia di aver delle belle mani per qualche ora, ma a parte quello, questo repertorio, quando mi era successo, sette anni prima, di sentirlo letto per la prima volta ad alta voce, dentro un cinema di Reggio Emilia che era il posto dove facevamo L’accalappiacani, io mi ricordo che avevo pensato che io credevo di sapere cosa fosse un’edicola in realtà non lo sapevo; l’edicola, dopo che avevo letto questo repertorio, aveva cambiato mestiere, nella mia testa, e questo repertorio mi sembra fatto così bene che non valeva la pena, adesso, farne un altro, ma io ero convinto, sette anni dopo, nel 2015, che se fossi uscito su via Porrettana e prendere nota di quello che c’era nell’edicola di Casalecchio di Reno che c’era vicino a casa mia, sette anni dopo ci sarebbero state delle cose molto diverse da quelle che avevano trovato Ugo e il suo amico edicolante sette anni prima e che l’edicola, nella mia testa, avrebbe cambiato ancora mestiere, se avessi fatto questo lavoro di andare a riscrivere il repertorio, secondo me.
Sabato 30 luglio,
a Baganzola (PR),
alla festa di Liberazione,
alle 20 e 30 (se non ho capito male)
Le parole del 900
discorso sulle parole a partire dal libro
Le parole senza le cose.
Giovedì 30 giugno,
a Radio 3,
a Fahrenheit,
alle 16,
Le parole senza le cose
Poi, diciannove anni prima, una mia amica aveva mandato una cosa che avevo scritto a una rivista di letteratura che si faceva allora a Modena, il Semplice, si intitolava, Almanacco delle prose pubblicato da Feltrinelli, prima che Feltrinelli si mettessero ad aprire quei bar che aprivano adesso, e mi avevan chiamato e io ero andato a una riunione e lì era successa una cosa stranissima che io, che avevo un problema con le cose che scrivevo, banalissimo, non capivo se erano belle oppure no, le cose che scrivevo, ed era una cosa che mi interessava moltissimo, capire se erano belle oppure no, e allora le davo da leggere alle persone che conoscevo e le persone a cui le facevo leggere mi dicevano che erano belle ma avevo il dubbio che lo dicessero per gentilezza, la ragazza che aveva mandato le cose al Semplice, per esempio, le avevo dato da leggere una cosa mi aveva detto che era bellissima, due mesi dopo gliene avevo data un’altra mi aveva detto che avevo fatto dei grandi progressi, c’era qualcosa che non mi tornava e lì, in quell’unica riunione a cui ero andato del Semplice era successa una cosa incredibile avevan risolto il mio problema.
Loro chiedevano a chi voleva pubblicare dei racconti nella loro rivista, di leggerli ad alta voce di fronte alle venti persone che c’erano lì, e io lì mi sembra di averla capita lì, quella cosa che quando leggi una cosa in pubblico ad alta voce, se è bella, diventa ancora più bella, se è brutta, diventa ancora più brutta.
E quando ero tornato a casa da quella riunione del Semplice lì, lì non avevo letto niente, quando ero tornato a casa avevo cominciato a leggermele da solo, per conto mio, ad alta voce, le cose che avevo scritto, e mi ero accorto di una cosa stranissima che non avrei mai detto cioè che ogni tanto, siccome io non ero sicuro del valore delle cose che scrivevo, io ogni tanto ci mettevo dentro una parola desueta, colta, complicata, perché volevo che almeno il lettore si accorgesse del fatto che ero uno che aveva studiato: va be’, pensavo, i miei racconti non saran molto belli, però almeno che si veda che li ha scritti uno che si è laureato in lingue e letterature straniere e ho dato sette esami di filologia, non è una cosa da tutti, pensavo, io ero molto fiero del fatto di avere dato sette esami di filologia dev’essere, insieme al fatto che sono di Parma e che studio russo e che scrivo dei libri, la cosa che ho detto più spesso nella mia vita, ma non volevo dir quello, volevo dir che nei miei racconti mi ero accorto che ci avevo messo delle parole desuete che credevo che fosse una cosa che mi avvicinava alla crusca, e ai cruscanti, e dopo la riunione del Semplice invece mi era sembrato che non mi avesse avvicinato né alla crusca né ai cruscanti anche se era indubbio che si vedeva, che era un laureato, che li aveva scritti, ma il fatto che li avesse scritti un laureato che aveva dato sette esami di filologia non li rendeva più belli, anzi, togliere quelle parole desuete messe lì per far bella figura sarebbe stata forse la prima cosa da fare, per mettere a posto quei racconti lì.
Allora io poi, dopo, quando ho cominciato a leggere i miei racconti ad alta voce, era successo che naturalmente io, sapendo che poi li avrei dovuti leggere ad alta voce, avevo cominciato a scriverli un po’ come se fossero parlati, in un certo senso, e all’improvviso quel triangolo di cui parlavo prima, io, computer e cielo della letteratura, cioè io, computer e crusca e cruscanti, era diventato un triangolo con un vertice infinito, cioè era diventato un triangolo io computer mondo, e improvvisamente le cose da scrivere mi venivano su da tutte le parti, e certe volte avevo l’impressione, per strada, che certe cose che vedevo e che sentivo succedessero apposta per andare a finir nei romanzi, e improvvisamente i romanzi avevano cominciato a riempirsi di una lingua che non era una lingua neutra e non era una lingua scritta da uno che si ci teneva che si vedesse che aveva dato sette esami di filologia, era una lingua che aveva molto a che fare con l’italiano che si parlava a Parma, che era il posto dove abitavo, se non l’ho già detto.