Una donna che ti ha sentito russare

martedì 23 Dicembre 2014

reagan

«Sono capaci tutti di trovare una stupida qualunque con cui tradire. Al contrario, devi essere un vero uomo per continuare a farti amare e desiderare da una donna che ti ha sentito russare, che ti ha visto non rasato, che ti ha accudito quando eri malato e ti ha lavato la biancheria»

[lettera di Ronald Reagan al figlio Michael nel giorno del suo matrimonio e raccolta nel libro L’arte delle lettere, 125 corrispondenze indimenticabili, a cura di Shaun Usher, Feltrinelli, pubblicata dalla Stampa il 17 dicembre in un articolo di Vittorio Sabadin e ripubblicata nel Foglio del lunedì di lunedì 22 dicembre 2014]

Rivoluzioni

domenica 3 Marzo 2013

Ogni tanto, una volta ogni dieci giorni, mi arriva una telefonata dalla rispettabilissima redazione del Foglio.
Qualche settimana fa, per esempio, mi hanno telefonato mi han chiesto se gli scrivevo sedicimila caratteri sul cambiamento di Monti.
Che io tra me e me avevo pensato: “Ma è cambiato, Monti?”.
Dopo, il pezzo sul cambiamento di Monti gliel’avevo scritto, anche se non avevo parlato tantissimo, di Monti, in quel pezzo lì.
Una settimana dopo, per fare un altro esempio, mi hanno telefonato mi han chiesto se gli scrivevo un pezzo di sedicimila caratteri sul ritorno di Berlusconi.
Che io tra me e me avevo pensato “Ma è tornato, Berlusconi?”.
Dopo, il pezzo sul ritorno di Berlusconi gliel’avevo scritto, anche se non avevo parlato tantissimo di Berlusconi, in quel pezzo lì.
L’altro giorno, invece, il 26 di febbraio, mi hanno telefonato mi han chiesto se gli scrivevo sedicimila caratteri sulla rivoluzione a cinque stelle. Che io tra me e me avevo pensato “C’è stata una rivoluzione?”.
E intanto però gli dicevo «Sì, sì. Va bene». Che io, non so perché, gli dico sempre di sì, alla rispettabilissima redazione del Foglio. Anzi, lo so, il perché, però non lo dico.
Era, me lo ricordo benissimo, il 26 di febbraio, martedì scorso, e me lo ricordo bene perché il giorno prima era il giorno che avevo svitato il mio stenditoio a soffitto e pensavo, intanto che svitavo, «Guarda un po’ qua: oggi, 25 febbraio 2013, è il giorno che smonto il mio stenditoio a soffitto, che l’ho montato quando sono entrato in questo appartamento, quasi tre anni fa, e adesso il mio bagno, senza vasca, che ho tolto ierilatro, e senza stenditoio a soffitto, è tutta un’altra cosa». Continua a leggere »

Arrivederci

domenica 17 Febbraio 2013

Qualche settimana fa sono andato a un convegno, a Reggio Emilia, dove si parlava di scuola e di diritti dei bambini e io, che non ne so tanto, di scuola e di diritti dei bambini, ho pensato che avrei letto due favole, ho scritto un libro di favole, per bambini, e mi sembrava che me la sarei cavata così. Solo che poi il giorno prima mi hanno detto che dovevo parlare mezz’ora, e io, parlare mezz’ora, altro che due favole, lì bisognava inventarsi qualcosa, cioè più che inventarsi, con così poco tempo, improvvisare, e allora ho preso su un paio di libri in più, rispetto a quello lì delle favole che comunque l’ho portato con me e una favola poi dopo alla fine l’ho letta anche se non è stato quello, il centro del mio intervento. Continua a leggere »

Il non esserci al posto dell’esserci

domenica 10 Febbraio 2013

Ci son delle mattine, delle volte, in Emilia, che c’è un’aria così limpida che ti sembra che il mondo non finisce mai, e in una mattina del genere, che ero in giro per Parma per raccogliere materiale per un libro che si dovrebbe intitolare Mo mama, sottotitolo Parma ai tempi del movimento cinque stelle, mi è suonato il telefono e ho risposto e era la rispettabilissima redazione del Foglio che mi chiedeva di scrivere sedicimila caratteri su Silvio Berlusconi.
Ero proprio sotto una statua che c’è in centro a Parma, la statua di uno che veder come è messo sembra che sia stato colpito alle spalle da un colpo d’arma da fuoco, è lì con la testa all’indietro, le mani allargate che artigliano il niente, è una statua che tutti quelli che vengono a Parma che la vedono si chiedon chi sia, è Filippo Corridoni, e a Parma, da sempre, lo chiamano l’inculato, ero lì sotto l’inculato e al rispettabilissimo redattore del Foglio che mi aveva chiesto di scrivere sedicimila caratteri su Silvio Berlusconi io avevo risposto che ci avrei provato ma dentro di me intanto avevo pensato che io, di Silvio Berlusconi, scriverne sedicimila caratteri, che per chi non si occupa di queste cose sono circa dieci pagine di un libro, cioè l’equivalente di un capitolo, io non sapevo come fare, a scrivere un capitolo su Silvio Berlusconi.
Che Silvio Berlusconi, che era ormai una trentina d’anni che era un personaggio pubblico, che se ne era parlato tanto, ecco io erano perlomeno una ventina d’anni che cercavo, se potevo, di non nominarlo. Continua a leggere »

Mario Tolstoevič Monti

domenica 3 Febbraio 2013

Dalla redazione del Foglio mi hanno chiesto di scrivere un pezzo di sedicimila caratteri sul cambiamento di Mario Monti in questo periodo di campagna elettorale.
Per chi non si occupa di queste cose, sedicimila caratteri sono l’equivalente di una decina di pagine di un libro; un capitolo, praticamente.
E io, un capitolo di un libro su Mario Monti, non so come dire, non mi sentivo preparato, per scriverlo.
Solo che, nonostante non mi sentissi preparato, io alla fine ho detto di sì, che li avrei scritti, sedicimila caratteri su Mario Monti. Non lo so, come mai. Anche perché io, veramente, del cambiamento, di Monti, non lo so, era cambiato?
A me non sembrava, tanto cambiato, probabilmente per via del fatto che io, questa campagna elettorale, non è che la stia seguendo con un’attenzione che sto molto attento, no, mi ha un po’ stancato, è appena cominciata e mi ha già un po’ stancato allora martedì sera, che sono andato a cena in una pizzeria bolognese con un gruppo di studenti della scuola elementare di scrittura emiliana, che è una scuola che facciamo a Bologna una o due volte all’anno, e era una cena che riuniva diciotto persone di varie età, provenienze e formazione politica io, la prima cosa che ho detto è stata: «Ragazzi, mi hanno chiesto di fare un pezzo di sedicimila caratteri sul cambiamento di Mario Monti, cosa mi dite?».
E loro mi hanno guardato con una faccia come per dire: «È cambiato, Mario Monti?». Tutti e diciassette la stessa risposta.
Che io ho pensato: “Ecco, andiam bene”. Continua a leggere »

Inabbracciabili

domenica 20 Gennaio 2013

Nel 1884, quando aveva 56 anni, e aveva già avuto tredici figli, e aveva già scritto Guerra e Pace, e Anna Karenina, e del suo insegnamento avevan già fatto una specie di religione che avrebbe influenzato, tra gli altri, anche Ghandi, Lev Nikolaevič Tolstoj ha scritto: «Se c’è qualcuno che dirige le cose della vita, vorrei rimproverarlo. È troppo difficile e spietata».
E questa cosa, quando uno la legge, ha delle conseguenze.
Io, per esempio, l’ho letta lunedì 14 gennaio, prima di addormentarmi, e il giorno dopo, martedì 15, quando sono andato a farmi riparare il computer, intanto che aspettavo che i gentilissimi riparatori di computer da cui vado finissero di ripararmelo, mi son seduto sulla seggiolina imbottita che c’è nel loro negozio, ha appoggiato la schiena e la testa, ho sospirato e ho pensato che tutto quel vuoto, intorno, faceva impressione.
C’era freddo, e era un periodo, quattro giorni fa, che avevo a che fare con una specie di marcia indietro che ogni tanto, ciclicamente, mi sembra mi guidi, e avevo questa sensazione di vuoto, di niente, di silenzio, di giornate senza parlare con nessuno, e mi era tornata in mente la frase che avevo letto il giorno prima e che Lev Tolstoj aveva scritto nel 1884, a 56 anni: «Se c’è qualcuno che dirige le cose della vita, vorrei rimproverarlo. È troppo difficile e spietata».
E che i libri, mi era tornato in mente, quelli belli, e gli scrittori, quelli bravi, fan questo effetto che, non so come dire, ti feriscono.
E mi era venuto in mente Giorgio Manganelli, che in un pezzetto inedito recentemente pubblicato in rete dalla figlia Lietta scriveva: «Un grande libro è terribile, perché la sua storia dentro di noi non si spegnerà mai; e sarà la storia della nostra libertà. Una biblioteca è molte, strane, inquietanti cose; è un circo, una balera, una cerimonia, un incantesimo, una magheria, un viaggio per la terra, un viaggio al centro della terra, un viaggio per i cieli; è silenzio, ed è una moltitudine di voci; è sussurro ed è urlo; è favola, è chiacchiera, è discorso delle cose ultime, è memoria, è riso, è profezia», ha scritto Manganelli, e io, in questi ultimi mesi, è una cosa che mi viene in mente spessissimo, insieme a un’altra cosa, che ha scritto Lev Tolstoj quando aveva 56 anni che mi viene in mente spesso in questi ultimi giorni e insieme a una cosa che ha scritto Velimir Chlebnikov, che mi è venuta in mente spessissimo da quanto l’ho letta, più di venti anni fa: «La legge delle altalene prescrive / che si abbiano scarpe ora larghe, ora strette. / Che sia ora notte, ora giorno. / E che i signori della terra siano ora il rinoceronte, ora l’uomo». Continua a leggere »

Una vicenda

giovedì 10 Gennaio 2013

La stimabilissima redazione del foglio mi ha chiesto, l’altroieri, di commentare la vicenda Hollande-Depardieu-Ayrault-Deneuve-Putin-Glucksman, e io mi sono preso un giorno di tempo perché non ne sapevo praticamente niente e sono andato a cercare e ho ricavato quello che segue (e che, probabilmente, sanno già tutti) e cioè che Hollande ha messo una tassa sui redditi dei francesi che superano il milione di euro, che sarebbero stati soggetti alla tassazione (temporanea, per due anni, per aiutare l’economia in crisi) al 75 per cento, e che Depardieu allora ha deciso di trasferirsi in Belgio, e che il primo ministro di Hollande, Jean-Marc Ayrault, ha detto che la decisione di Depardieu era meschina (minable), e che Depardieu ha risposto «Meschina? Ho capito bene? Meschina?», e poi ha detto che lui, in 42 anni di lavoro, ha pagato 145 milioni di tasse, e che non ha nessun bisogno di giustificare i motivi della sua decisione, che sono molteplici e privati (intimes), e ha restituito il passaporto e la tessera sanitaria, e che Putin ha avvisato Depardieu che se voleva la cittadinanza russa, era una cosa fatta, e che in Russia si paga il 13 per cento di tasse, tutti, indipendentemente dal reddito, e che Depardieu è andato in Russia a ritirare il passaporto, e ha abbracciato Putin e ha indossato una bellissima camicia russa ricamata, di quelle senza collo (rubaška), e che Catherine Deneuve ha scritto una lettera al quotidiano Libération e ha detto che la parola «meschina» non è una parola degna di un uomo di stato, e che il filosofo André Glucskann ha dichiarato di aver vergogna per Depardieu, che è entrato in stretti rapporti con un uomo come Putin, responsabile, tra le altre cose, del disastro ceceno, e allora a me è venuta in mente una cosa che ho sentito qualche mese fa in un documentario di Francesco Coversano e Nene Grignaffini che si intitola Narratori di pianura e da bar.
In questo documentario c’era lo scrittore romagnolo Cristiano Cavina che parlava con il proprio parroco, e gli chiedeva «Come va con i parrocchiani?», e il parroco diceva «Con i parrocchiani va benissimo, anche per via che io con loro ho una tecnica che si racchiude in questo aneddoto», e ha raccontato un aneddoto che c’era un uomo con due figli, e il primo figlio a un certo momento andava da lui e gli diceva «Guarda, io mio fratello non lo sopporto più», e il padre gli diceva «Hai ragione», e dopo andava dal padre il secondo fratello e gli diceva «Guarda, io, mio fratello, fa questo, fa quello, è un disastro», e il padre gli diceva «Hai ragione» e dopo c’era lì, dietro, sua moglie, e gli diceva «Ma come, prima hai dato ragione a quell’altro, adesso dai ragione a questo?», e il padre si voltava, la guardava, le diceva «Hai ragione anche te». Ecco, per quello che può servire, questo è quello che penso della vicenda Hollande-Depardieu-Ayrault-Deneuve-Putin-Glucksman. Buongiorno.

[uscito ieri sul Foglio]

Giorgio Manganelli, Clelia Marchi e il sindaco di Parma

domenica 30 Dicembre 2012

Giorgio Manganelli una volta ha scritto che non ci sono libri innocui e non c’è cultura che non fa male a nessuno e rende migliori. «Un grande libro – ha scritto Manganelli – è terribile, perché la sua storia dentro di noi non si spegnerà mai; e sarà la storia della nostra libertà. Una biblioteca è molte, strane, inquietanti cose; è un circo, una balera, una cerimonia, un incantesimo, una magheria, un viaggio per la terra, un viaggio al centro della terra, un viaggio per i cieli; è silenzio, ed è una moltitudine di voci; è sussurro ed è urlo; è favola, è chiacchiera, è discorso delle cose ultime, è memoria, è riso, è profezia», ha scritto Manganelli, e m’è tornato in mente in questi giorni per via di un libro bellissimo che ho appena riletto e di un discorso del sindaco di Parma. Il libro bellissimo, recentemente ristampato dal Saggiatore, è Gnanca na busìa, di Clelia Marchi (che in questa nuova ristampa è intitolato Il tuo nome sulla neve), ed è la storia della Marchi e di suo marito, che la Marchi, una signora nata nel 1912 a Poggio Rusco, in provincia di Mantova, ha scritto, alla morte del marito, sul loro lenzuolo nuziale; «io ero una bambina di fronte a lui – ha scritto la Marchi – io avevo 14 anni e lui 25 ma io non avevo mai pensato che quel bel ragazzo che avevo visto per la prima volta alla macchina mi domandasse di fare la more; le ò detto se lo sa la mia famiglia; che voi siete vecchio: mi disse ma se ti piacio, parleremo di nascosto e quando avrai compiuto 16 anni si sposeremo; ma chi pensava à sposarsi: veniva tutti i giorni in casa mia a lavorare con il mio papà». Il libro è scritto tutto così, in un italiano che è l’italiano di chi l’italiano non lo sapeva, ed è bellissimo, ed è, tra le altre cose, un inno a una lingua povera, fatta di niente, a un’ignoranza benedetta, che permette alla Marchi di dir delle cose che se avesse studiato forse non sarebbe riuscita a dire. Invece, il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, l’altro giorno, a Parma, ha fatto un discorso che ha fatto gli auguri alla città, e il discorso finiva così: Continua a leggere »

Un libro stranissimo

domenica 23 Dicembre 2012

Qualche settimana fa, a Bologna, alla Libreria Corraini Mambo, ho presentato un libro stranissimo, che non sapevo cosa dire e come presentare.
Si intitola Appunti di parole e l’ha scritto, se così si può dire, un’illustratrice giapponese che si chiama Yocci e che da anni abita in Italia in provincia di Bologna più precisamente a Pianoro, se non mi sbaglio.
Non era la prima volta che presentavo un libro con Yocci, perché Yocci ha illustrato un libro che si intitola 13 favole belle e una brutta che ho scritto io e che abbiamo presentato due o tre volte insieme e quando l’abbiamo fatto facevamo così, che io leggevo le favole e intanto lei disegnava e aveva funzionato, solo che lì, nel caso del libro Appunti di parole, non potevamo fare la stessa cosa perché il testo del libro, che è un libro di circa 200 pagine, consiste di 118 parole in tutto, che per leggerle, 118 parole, ho fatto la prova, ci si mette, senza correre, un minuto, quarantasei secondi e tre decimi.
Se volete potete provare anche voi, le parole scelte da Yocci sono:

Malandrino, Inconcepibile, Fungosità, Flemma, Trottata, Fumista, Poliglotta, Tramortire, Commutabile, Austero, Sterpo, Assopimento, Cianfrusaglie, Lanoso, Spilluzzicare, Meandro, Gorgo, Tentone, Precipitoso, Bacatura, Effimero, Oblio, Tenebroso, Subbuglio, Ronfare, Pusillanime, Miagolare, Pimpante, Soave, Equilibrista, Procacciare, Ambiguo, Verrucoso, Corvino, Cianciare, Marmocchio, Altalena, Lillipuziano, Ispido, Zolletta, Giulebbe, Sfolgorio, Pigna, Gattonare, Vano, Orticaria, Sovrumano, Unanimità, Verdiccio, Cascame, Bipede, Sperticato, Aguzzatura, Staccio, Rapata, Colorista, Alticcio, Monile, Nodale, Pericolante, Stanare, Proboscide, Pasciuto, Crepuscolare, Tentennante, Bighellone, Avaro, Temperato, Tracannare, Ingorgo, Viluppo, Esca, Tuta, Ciancia, Tozzo, Crogiolare, Bisbiglio, Torma, Sbrodolone, Marmotta, Burbero, Chioma, Menda, Pecetta, Iracondo, Frugolo, Esile, Bislacco, Zufolo, Esoso, Zefiro, Cagnara, Petalo, Setola, Birba, Sgranocchiare, Ciarpame, Siccità, Biscia, Ipometrope, Ovino, Mogio, Importuno, Attecchire, Chioccia, Sgualcito, Tortuoso, Ipolipidico, Boccheggiare, Bonomia, Bobba, Viuzza, Folto, Uggia, Sonnambulo, Picco, Vogata e Fifone.

Allora, a parte il fatto che, mi rendo conto adesso, ho appena fatto una cosa abbastanza singolare, cioè ho copiato il testo integrale del libro che avevo intenzione di recensire, che sarebbe una cosa che, in circostanze normali, renderebbe superflua ogni recensione, a parte questo fatto, l’altro giorno, alla libreria Mambo Corraini a Bologna, a me è venuto da dire che Yocci, con questo suo «Dizionario di idiolemmi in rigoroso disordine alfabetico», ha fatto un’operazione abbastanza complicata.
Per esempio, a guardare il disegno che definisce il lemma numero 69, Tracannare, ho detto l’altra sera alla libreria Corraini, un ragazzo che beve da un’enorme bottiglia di succo d’arancia un’enorme sorsata di succo d’arancia, rosso, a guardarlo, vien proprio da dire che quel ragazzo lì sta tracannando, non sta bevendo, non sta degustando, non sta delibando, no no no: sta tracannando.
E a guardare per esempio il disegno che definisce il lemma numero 70, Ingorgo, che ci sono otto ragazzi e un cane che aspettano in fila dietro una porta chiusa, e al di là della porta c’è un bambino, seduto sul vater, che sta sforzandosi di fare la cacca, con la carta igienica e tutto, ecco, a guardare quell’idiolemma di Yocci vien proprio da dire che quello lì è un ingorgo.
E a guardare il disegno che definisce il lemma numero 67, Avaro, che c’è un ragazzo con in mano una boccia di vetro piena di puntini neri, e c’è un gattino che allunga una ciotolina e il ragazzo gli lancia un puntino nero, che uno si immagina sia una crocchetta, ecco, a pensare a uno che, al suo gatto, gli dà una crocchetta al giorno, be’, vien da pensare che, se c’è un avaro, quello lì è proprio avaro. Continua a leggere »

De Dios

giovedì 6 Dicembre 2012

Io di queste cose non me ne intendo tanto, forse per quello non capisco, ma domenica mi è successa una cosa che io, capir cos’è successo, non ci riesco. Ero a Paullo, a fare un seminario di scrittura intitolato Scuola elementare di scrittura emiliana all’estero (in Lombardia), siam stati lì dalle 10 del mattino alle 6 di sera, eravamo in biblioteca e sopra di noi c’era un locale adibito a seggio per il ballottaggio per le primarie del centrosinistra. Quando abbiamo finito, alle sei e un quarto, ho chiesto come stavano andando le votazioni, di sopra, e mi hanno detto che stavano andando bene, che l’affluenza era in leggero calo rispetto al primo turno ma era buona, erano tutti contenti c’era solo stato qualche problema con quelli che non avevano votato al primo turno e che, secondo le regole stabilite, non avrebbero potuto votare. In particolare, mi han detto, c’erano rimasti male quelli che, seguendo le istruzioni di Matteo Renzi, si erano rivolti al sito votodomenica.it e che, dal sito, avevano ricevuto una mail con su scritto «Può votare», e l’avevano stampata e erano andati al seggio con quella, e al seggio si erano accorti che invece no, non potevano votare, e alcuni se l’erano presa con il PD, alcuni se l’erano presa con Renzi, che gli aveva fatto perdere del tempo dandogli delle informazioni false, «Ma è il modo, – dicevano, – di trattare la gente?», mi han detto.
Allora poi la sera, quando ho sentito il discorso che ha fatto Matteo Renzi alla fortezza da basso, nel quale ha detto che è stato offeso, in particolare, dall’accusa di non aver rispettato le regole, e dal fatto che i suoi antagonisti avevano fatto ricorso al comitato dei garanti,e che, per lui, il comitato dei garanti erano la sua famiglia e i suoi figli, ecco io quando ho sentito così, mi è venuto in mente Diego Armando Maradona quando ha segnato un gol di mano ai mondiali del 1986, contro l’Inghilterra, e poi, negli spogliatoi, quando gliel’han fatto notare, lui ha giurato, sulla testa dei suoi figli, che non era un gol di mano che era valido.
Dopo, quando gli han fatto vedere le immagini, ha detto che effettivamente, forse, non era valido e che però non era la sua mano, quella lì, era la «Mano de Dios». Allora ho pensato che, magari, anche quella mail lì non l’aveva mandata il comitato di Renzi ma l’aveva mandata Dios, che anche quella lì, in un certo senso, era «la mail de Dios», forse, e il discorso poteva finire qua le cose si spiegavano, tornava tutto, se ipotizzavamo la comparsa della «mail de Dios».
Solo che poi, sono andato in rete a cercare conferma di quel ricordo che avevo sul gol di Diego Armando Maradona ai mondiali del 1986, e l’episodio e la dichiarazione sulla mano de Dios li ho trovati, non ho trovato nessun riferimento al fatto che Maradona avesse giurato sulla testa dei suoi figli che non aveva fatto gol di mano. “Forse mi ricordo male”, ho pensato, e ho provato a cercare, su google, «Maradona giura sui suoi figli», e allora è successa un’altra cosa stranissima: che i primi due risultati sono stati «Berlusconi giura sui suoi figli e nipoti che non ha fatto affari con Putin» e «Berlusconi giura il falso sulla testa dei suoi figli». Che io ho pensato “Ma, Berlusconi, ma cosa c’entra, Berlusconi?”. E niente, forse è per via che non me ne intendo tanto, forse è per quello che non capisco, ma io, certe cose, proprio, non me le spiego.

[uscito ieri sul foglio]