Antonio Delfini

martedì 14 Maggio 2013

riga, delfini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Verrò a Roma dentro i primi di aprile. Non ne posso più di stare qui fra un marciume di gente professorale e bottegaia, con la quale mi tocca fare a pugni tutti i giorni. L’aria che si respira è mefitica e mi sembra di soffocare. È grassa se son riuscito a scrivere quei poemetti pubblicati sul «Tevere». Il giorno in cui partirò, conto di prendere a nolo la musica e di farmi condurre alla stazione fra uno svolazzìo di bandiere, dopo aver reso i dovuti omaggi al signor prefetto. Tu non puoi immaginare come si senta il peso delle leggi, in una città piccola, dove tutti che hanno un ditino d’autorità la fanno da padreterni senza conoscere il Vangelo. Ne ho proprio abbastanza!
E se Roma non mi andrà, via a Parigi dentro un anno a respirar aria anche se decadente. E se non mi andrà Parigi, cercherò un deserto; e se non troverò questo caschi il mondo se non faccio regolare domanda di andare al manicomio dove troverò qualche persona per bene.
Siamo o non siamo Realtà.

[Antonio Delfini, Lettera a Pannunzio, 12 marzo 1930, in Antonio Delfini, Riga 6, Milano, Marcos y Marcos 1994, p. 128]