Questo mi ha detto il mio amico geometra
Ero così abituato al mio comportamento da brava persona, che arrivato a un certo punto della vita ho cominciato a pensare di essere davvero una brava persona. Poi due anni fa, una notte, mi ha svegliato un colpo secco, come se si fosse spaccato qualcosa. La mattina mi sono accorto che sul soffitto della mia camera c’era una crepa a zigzag spessa un millimetro. Era solo una piccola crepa, e forse non ci avrei più pensato, se quella crepa non avesse cominciato ad allargarsi, un decimo di millimetro al giorno, prima due millimetri, poi tre, quattro, e non avessi visto aprirsi altre crepe in cucina, in bagno, tra i gradini della scala, agli angoli delle finestre. Mi sono spaventato, così ho chiamato un mio amico geometra che mi ha detto:
– Mi dispiace dovertelo dire, ma qui sotto la terra si muove. Lo so che sembra impossibile, ma la terra che qui sotto è stata ferma per dei secoli, adesso si muove, e noi non possiamo fare niente per fermarla. Non so dirti quanto tempo potrà ancora durare, ma se continua così alla fine la terra si porterà via la tua casa.
Questo mi ha detto il mio amico geometra.
Sono due anni che non ho voglia di vedere nessuno. Dev’essere da quando ho messo in vendita la casa. Se mi guardo allo specchio provo un senso di fastidio, ogni volta che parlo mi sembra che non dovrei. Non chiamo più nessuno, e nessuno mi chiama più. Se suona il telefono, è sempre un mediatore che mi chiede di fissare l’appuntamento per una visita. Allora io, il giorno prima dell’appuntamento, nascondo tutte le crepe con lo stucco, poi copro lo stucco con la calce, e con uno straccio sporco sfumo il bianco eccessivo della calce in modo di armonizzarlo col resto della parete. Il giorno della visita spruzzo qualche goccia di trementina per confondere l’odore della calce poi, con un bel sorriso, apro la porta al mediatore e ai suoi clienti. Sono due anni che incontro soltanto mediatori. Brave persone, per carità, però ogni volta va a finire che li odio tutti, uno per uno, quando dicono disimpegno, scoperto, metri quadri calpestabili, cucina abitabile leggermente mansardata. Poi odio tutti i loro clienti che non possono mai fare a meno di guardare le mie cose e i miei mobili con la faccia schifata. Alla fine di ogni visita i clienti dicono: ci scusi per il disturbo. Io dico di niente, di niente. E invece non li scuso, non li posso scusare, maledetti, sempre a notare le pareti da abbattere, e mai una volta qualcuno che abbia notato, per dire, il paesaggio a olio che sta sopra il divano, che a guardarlo da lontano somiglia a un originale fiammingo, e non diresti che invece l’ho fatto io a diciott’anni. Mai nessuno che abbia detto una parola sul mio cesto di salice che ho appeso fuori sul terrazzo. L’ho fatto io dieci anni fa. Ci ho impiegato tre mesi per farlo, tutta la durata del corso di intreccio costato novanta euro, che con novanta euro mi ci sarei potuto comprare un maglione, invece no, ho fatto il corso di intreccio perché speravo di incontrare una ragazza, invece niente, c’erano solo tre ottantenni che già lo sapevano fare l’intreccio per averlo imparato da giovani, e che per tutto il tempo non hanno fatto altro che prendermi per il culo, vecchiacci maledetti, sempre a dire che non ero capace, che non sapevo scegliere i rami giusti, che il manico del mio cesto era troppo debole e si sarebbe rotto subito. Il giorno che l’ho portato a casa anche mia madre ha detto che il cesto era sbagliato e si sarebbe rotto subito.
Invece il mio cesto, dopo dieci anni, è ancora lì tutto intero sul terrazzo.
[Roberto Livi, La terra si muove, Marcos y Marcos 2017, pp. 9-11]