Era un anno e mezzo, circa, che non aprivo il De Mauro, il Dizionario della lingua italiana, stasera l’ho aperto e ci ho trovato dentro un un taccuino dell’agosto del 2013, “Chissà cosa c’è scritto”, ho pensato, l’ho aperto, la prima cosa che ho letto è stata «Domani, comunque, devo comprare la carta igienica».
Quando sento qualcuno che dice Io rispetto moltissimo gli altri, mi viene in mente che sarebbe bello se qualcuno dicesse Io rispetto pochissimo gli altri. Sarebbe una frase che io, se la sentissi per strada, mi volterei per vedere chi l’ha detta. Solo che quella volta, purtroppo, lei non aveva detto Io rispetto pochissimo gli altri, aveva detto Io rispetto moltissimo gli altri, che, come frase, di memorabile non aveva mica niente.
Io tutti giorni devo prendere cinque medicine, due al mattino, una dopo pranzo, due alla sera, quando arrivo a quest’ora, verso le tre del pomeriggio, mi viene da prendere adesso quelle che devo prender la sera Per mettermi avanti, mi vien da pensare.
Io, devo dire, mi dispiace parlare bene di me stesso, non è bello, ma devo riconoscere che una delle cose che mi vien proprio bene è rimandare. Io, a rimandare le cose che devo fare, credo di essere uno dei tre o quattro più bravi, in Emilia Romagna.
Mi hanno chiesto come è andato il mio weekend, a me è venuto da pensare che il weekend, siccome io lavoro senza giornate o orari prefissati, per me, praticamente, il weekend, è come se non ci fosse, la settimana è una cosa abbastanza indistinta, come una specie di tubo che sbuca in un altro tubo e non ha pilastri che lo sorreggono, si regge sui miei umori.
Al mattino di solito son di cattivo umore, però delle volte son di cattivo umore anche al pomeriggio.
C’è un po’ di nebbia, stamattina, sembra una di quelle giornate che San Luca, a vederlo da sotto, sembra il castello di Kafka, un po’. Buongiorno.
C’era un signore, una volta, per radio, ha detto che esistono solo le cose che si fanno tutti i giorni. Quindi. Regoliamoci.
Oggi ero davanti alla porta chiusa di una palestra di Casalecchio di Reno, accompagnavo la Battaglia a fare pallavolo, eravamo arrivati in anticipo, aspettavamo su una specie di pianerottolo, come un minuscolo terrazzino d’ingresso, all’altezza di un primo piano, alla mia sinistra c’erano i rami di un albero, ho guardato in basso e ho visto il tronco l’albero, quel marrone così scuro e così dritto e ho pensato «Guarda quest’albero. Ma dove vuole andare? Ma dove crede di arrivare? Ma non si vergogna?».
Siccome ho l’impressione che la maggior parte delle cose che ho studiato a scuola siano cose che non ho mai usato in vita mia, e che mi sono dimenticato anche rapidamente, quando mi succede che mi ricordo una cosa che ho studiato, devo dire che mi stupisco, un po’.
