Solo che

venerdì 18 Ottobre 2013

Dopo, prima, Bukowski sembra avesse detto una cosa che a me mi è successo un sacco di volte di ripeterla, anche dentro questo libro, cioè quando gli avevan chiesto cosa serve per scrivere, lui sembra abbia risposto che per scrivere servon due cose, una macchina da scrivere, e una sedia. Delle volte è difficile trovare la sedia, sembra dicesse Bukovwski, e adesso, forse diceva davvero così, solo che, all’epoca, mi sembra, se uno si sedeva alla macchina da scrivere, o al computer, era per scrivere, oggi, mi sembra, non basta mica, trovare la sedia, si può stare alla sedia per delle ore senza far niente, oggi, mi sembra.

 

[Da Scuola elementare di scrittura emiliana per non frequentanti, in preparazione]

Queste tende

lunedì 7 Ottobre 2013

E era un signore, questo Perec, che ha tirato fuori questa idea dell’endotico, che si capisce se ci si riferisce all’esotico, che è quello che è strano, bizzarro, delle cose lontane da noi, mentre l’endotico è lo strano, il bizzarro, nelle cose vicine a noi, e per trovare l’endotico, per quel che capisco io, ci vuole uno sguardo straniato che può essere messo in moto da tante cose come per esempio un’assenza, io mi ricordo che quando ero piccolo che stavo due mesi al mare, d’estate, quando tornavo a casa c’erano delle cose, di casa mia, che a me sembravano nuove, delle tende, una volta mi ricordo che ho chiesto a mia mamma «Mamma, ma queste tende, ma sono nuove, queste tende?», e lei mi ricordo mi ha risposto «No».

[Da Scuola elementare di scrittura emiliana per non frequentanti]

Arrivederci

sabato 5 Ottobre 2013

Ecco, adesso, vorrei dire una cosa che è una cosa che sembra abbia detto una volta lo scrittore americano Charles Bukowski, che una volta sembra che gli abbiano chiesto cosa serve per scrivere e sembra che lui abbia risposto che per scrivere servon due cose: una macchina da scrivere, e una sedia.
«Delle volte è difficile trovare la sedia», sembra che abbia detto Bukowski e, secondo me, per quello che capisco io, questa è la cosa essenziale, la primissima, e potrebbe essere anche l’ultimissima: trovare, tutti i giorni, la sedia.
Ecco.
Se avete letto fin qui, potreste anche fermarvi qui.
Straniamento, semicolti e sedia son le cose che vi servono.
Non vi serve altro, potete cominciare adesso, non avete bisogno d’altro.
«Arrivederci», potrei anche dirvi.
Solo che, quelli che di voi questo libro magari l’hanno comprato, ormai l’avete comprato, tanto vale che andiamo avanti.
Io, vado avanti; non è obbligatorio, chi vuole può fermarsi, che con quelle tre cose lì, straniamento, semicolti e sedia, sapete già tutto, io però vado avanti anche perché per me, parlare di letteratura, io, quando facevo l’università, che studiavo lingue e letterature straniere, io con la gente che faceva l’università con me, era difficilissimo, mi ricordo, parlar di letteratura.
Cioè se uno si metteva a parlare di letteratura, quando facevo l’università io, tra noi studenti, sembrava una cosa, non so come dire, di cattivo gusto, e se saltavano fuori, per dire, I promessi sposi, era molto probabile che fossero I promessi sposi di Lopez Solenghi e Marchesini che andavano in onda in televisione in quegli anni lì e non quelli di Alessandro Manzoni che erano stati pubblicati centocinquanta anni prima.
Allora una delle cose che a me, in questi anni, sono piaciute, delle varie scuole elementari di scrittura emiliana che ho fatto in questi anni, è il fatto che al lunedì sera, tra le nove e mezzanotte, io mi sono trovato nel retrobottega di una libreria con altre quindici persone che venivan lì apposta a parlar di letteratura, che era una cosa, in un certo senso, stupefacente: cioè lì si poteva parlare di letteratura e non era una cosa, non so come dire, di cattivo gusto, era una cosa, mi sembra, che ci piaceva.

[Da Scuola elementare di scrittura emiliana per non frequentanti, in preparazione]

Su Šklovskij

martedì 17 Settembre 2013

Šklovskij

 

 

 

 

 

 

 

 

E voglio dire ancora una cosa, su Šklovskij, che Šklovskij a me piace perché è stato capace di scrivere, dopo la rivoluzione d’ottobre, che il colore dell’arte non deve riflettere il colore della bandiera che sventola sulla fortezza della città.

 

[Da Scuola elementare di scrittura emiliana per non frequentanti, in preparazione]

Proprio

domenica 1 Settembre 2013

Quando avevo appena cominciato a scrivere, una quindicina di anni fa, una delle prime cose che mi era successa era stato che avevo conosciuto degli scrittori, e una cosa che facevano allora gli scrittori, avevo scoperto, era che si invitavano a casa l’uno con l’altro a parlare di libri, tra le altre cose.
Dopo un po’ di tempo che ci conoscevamo, uno di questi scrittori aveva invitato anche me, e io ero andato e eravamo in un appartamento di Reggio Emilia pieno di scrittori e ogni tanto suonava il campanello ed era un altro scrittore e a un bel momento è entrato uno scrittore che non era uno scrittore normale, era uno scrittore che scuoteva la testa come se gli era successa una cosa talmente brutta che lo costringeva a questo gesto di scuotere la testa come per dirsi che una cosa del genere come quella che gli era successa lui non ci credeva, che poteva essergli successa proprio a lui. Allora gli altri scrittori che ci erano in confidenza gli avevano chiesto «Ma Beppe, cosa ti è successo?», e Beppe, si chiamava Beppe, quello scrittore lì che scuoteva la testa, aveva detto che gli era successa una cosa incredibile che aveva visto che, in edicola, vendevano un corso di scrittura. E agli altri scrittori che gli dicevano «E be’? Ti sembra una cosa da restarci così male?», Beppe aveva risposto «E Dostoevskij? Cosa penserebbe, Dostoevskij, di questa cosa?», e si era rimesso a scuoter la testa sembrava inconsolabile, proprio.

[Scuola elementare di scrittura emiliana per non frequentanti, in preparazione]