martedì 25 Dicembre 2018
Neonato agg. – sottoposto alle radiazioni luminose del neon. Si applica per estensione ai soggetti appena venuti al mondo: folgorati da luce improvvisa, difficilmente riescono a riprendersi dal trauma».
[Maria Sebregondi, Etimologiario, Macerata, Quodlibet 2015, p. 29]
giovedì 28 Gennaio 2016
Dal festival sonoro della letteratura Questa è l’acqua (con Sara Loreni e Lorenzo Buso): clic
mercoledì 30 Dicembre 2015
Il 18, il 19 e il 20 dicembre c’è stata, a Reggio Emilia, la seconda edizione del festival sonoro della letteratura Questa è l’acqua, che mi hanno chiesto di curare, e io ho pensato che sarebbe stato bello iniziare con una conferenza di Andrea Moro, che è un linguista italiano bravissimo, uno dei principali collaboratori di Noam Chomsky, che ha inaugurato il festival con una conferenza sul linguaggio e mi piaceva molto questo fatto di iniziare un festival di letteratura con una conferenza sul linguaggio, che è una cosa che, nella mia testa, sarebbe stato come iniziare un festival di architettura con una conferenza sul calcestruzzo.
Andrea Moro ha detto che quando ha ricevuto il nostro invito è rimasto colpito per via del fatto che i suoi studi recenti dimostrerebbero che le onde elettriche che colpiscono il cervello quando si attiva il linguaggio, agiscono in modo molto simile alle onde sonore che colpiscono i timpani quando si parla, e che questa cosa, nel cervello, succede anche quando uno legge a bassa voce, e che se lui dovesse, oggi, rispondere con una battuta alla domanda «Di cosa è fatto il linguaggio?», lui risponderebbe: «Di suoni».
Quando dopo mi han chiesto come mai il festival sonoro della letteratura si chiamava Questa è l’acqua, io ho detto che si chiamava così per via del fatto che, secondo me, quel che si fa, in un festival di letteratura, è costruire dei silenzi; la qualità dei festival di letteratura, per come li capisco io, ho detto, dipende dalla qualità dei loro silenzi, cioè dalla potenza e dalla durata dei momenti che gli spettatori si trasformano da spettatori individuali in un gruppo di persone che respirano insieme, una specie di bestia che trattiene il fiato, e il silenzio che segue il discorso tenuto da Foster Wallace il 21 maggio del 2005 per il conferimento della lauree al Kenyon college di Gambier, in Ohio è molto eloquente, e quel discorso si intitola Questa è l’acqua, ho risposto.
E la contraddizione che deriva dal fatto che la qualità di un festival sonoro la si capisce dal silenzio, mi sembra sia stata risolta da uno dei testi che è stato letto nel corso di questa edizione del festival Questa è l’acqua, L’Etimologiario di Maria Sebregondi, che è un libro fatto da 101 definizioni da dizionario etimologico, la decima delle quali è: contraddizione, e fa così: «contraddizione s. f. – una delle operazioni fondamentali dell’aritmetica, opposta all’addizione. In base al principio di contraddizione i termini (contraddendi) invece di unirsi si scontrano dando luogo a paradossi, aporie, antinomie,. Il risultato, opposto alla somma, è l’insomma, con valore dubitativo».
Hanno partecipato anche Ermanno Cavazzoni, che ha letto l’Intervista con Dio onnipotente di Giorgio Manganelli, Leo Ortolani, che ha letto il suo Gande Magazzi, Antonio Pennacchi, che ha letto L’autobus di Stalin, Sara Loreni e Lorenzo Buso, che hanno musicato l’Etimologiario, Fabio Genovesi, che ha letto e raccontato Morte dei marmi e, accompagnato da Luisanna Messeri, Paolo Poli, che ha detto le cose paradossali e bellissime che dice lui come, a proposito dei greci, questa (tratta da Alfabeto Poli, a cura di Luca Scarlini): « Gli antichi in un vaso per l’insalata ci disegnavano donne che facevano i pompini. Ma che persone civili! Ma che cosa meravigliosa!».
[uscito ieri su Libero]
domenica 20 Dicembre 2015
Domenica 20 dicembre,
a Reggio Emilia,
a FONDERIA 39
in via della Costituzione 39
dentro Questa è l’acqua,
festival sonoro della letteratura
alle 17,
Etimologiario di Maria Sebregondi
Legge Paolo Nori, sonorizza Sara Loreni, musica Lorenzo Buso,
alle 18 e 30
Morte dei marmi,
legge (e divaga) Fabio Genovesi
alle 21 e 15
La scienza in cucina e l’arte
di mangiar bene,
di Pellegrino Artusi
leggono e ne parlano
Paolo Poli e Luisanna Messeri
domenica 31 Maggio 2015
Giorgio Manganelli una volta ha detto una cosa che quando l’ho sentita mi è rimasta impressa e mi è tornata poi in mente tantissime volte: che i libri, ha detto Manganelli, non sono fatti di sentimenti, sono fatti di parole. A me sembra di capirla così bene, questa idea di Manganelli, e mi sembra che tutti quelli che scrivon dei libri guardino le parole con la cura e l’interesse con i quali uno che fa, mettiamo, il muratore, guarda un forato o un coppo. Ecco, questa attenzione per le parole, mi sembra sia il centro di un libro appena uscito per Quodlibet Compagnia Extra. L’autrice è Maria Sebregondi (traduttrice di Queneau e di Perec, membro dell’Oplepo, la versione italiana dell’Oulipo, inventrice dei taccuini Moleskine, c’è scritto nella nota biografica) e il libro è un piccolo dizionario in ordine alfabetico-bustrofedico (cioè si va dalla a alla zeta e poi si torna dalla zeta alla a) a partire da Allucinazione, la cui definizione è questa: «allucinazione s. f. (der. del s. m. «alluce», primo dito del piede) – attività fantasmatica degli alluci. Creature goffe e ipersensibili, da quando hanno perduto la loro antica funzione prensile e sono confinati nel buio delle scarpe, continuamente creano mutevoli visioni per farsi compagnia». Alla voce Orologio si legge: «orologio s. m. – strumento che informa delle ritmiche fluttuazioni dell’oro. Talvolta d’oro esso stesso, mirabile coincidenza tra sostanza e funzione, ci viene assegnato fin dall’infanzia affinché precocemente apprendiamo che il tempo è denaro». Alla voce Solitudine: «solitudine s. f. (derivato da «sol», quinta nota nella scala fondamentale di «do») – il suono costante a bassa frequenza, per l’appunto un sol (secondo altri un sol diesis calante), prodotto dalle centrali elettriche, un manto sonoro che avvolge la terra da circa un secolo. Raro sottrarsi; si è soliti coprirla con rumori più forti». Alla voce Semaforo: «semaforo s. m. – buco semantico. Un’assenza di significato riempita di colori e celebrata a ogni incrocio. Il triviale totem viene onorato con una sosta pensosa del viandante». Alla voce Ufficio: «ufficio s. m. (der. dell’inter. «uff» o «uffa») – il doveroso atto dello sbuffare. Per estensione: luogo preposto allo sbuffo individuale e/o collettivo, provvisto in genere di ampi e pazienti scaffali ove si archiviano stizza, noia e impazienza». Mi è venuto in mente, leggendo questo Etimologiario, un libretto di qualche anno fa, uscito per Fandango a cura di Matteo B. Bianchi, Il dizionario affettivo della lingua italiana, che è un dizionario composto dalle parole che un centinaio di scrittori hanno scelto come le loro parole preferite, e in particolare le parole scelte da Carlo Fruttero e Luciano Marrocu, mi son venute in mente. La parola preferita di Fruttero è Sfiga: «Dalle misere macerie lessicali del ’68 – scrive Fruttero, – emerge, unico fiore superstite, questo geniale termine di italiano “volgare”. La “s” privativa esalta la cosa negata, massimo bene dunque dell’uomo, origine del mondo. Un vero e proprio omaggio stilnovistico, che il Boccaccio avrebbe sicuramente usato e con ogni probabilità lo stesso Alighieri». Marrocu invece ha scelto Sì. « È sì la parola che preferisco e che uso spesso quando scrivo. Sì, parola chiave dell’assenso, della condivisione, della generosità, dell’amore. (Orrenda, invece, l’associazione del sì con assolutamente, il capolaresco assolutamente sì. Un’espressione tra l’altro incongrua, mettendo insieme la granitica certezza di assolutamente – sempre sospetta di prepotenza e intolleranza – con la mitezza che si intuisce dietro il sì)». Ecco, io, adesso, quando mi capita di scrivere una mail o un sms che dice, semplicemente, «Sì», mi vien da pensare alla definizione di Marrocu, e alla mitezza del Sì, che c’era anche prima ma che io non riuscivo a vedere. Allo stesso modo, forse, d’ora in poi, quando vedrò un bambino piccolo penserò al neonato di cui parla Maria Sebregondi nel suo Etimologiario: «Neonato agg. – sottoposto alle radiazioni luminose del neon. Si applica per estensione ai soggetti appena venuti al mondo: folgorati da luce improvvisa, difficilmente riescono a riprendersi dal trauma».
[Uscito ieri su Libero]
mercoledì 27 Maggio 2015
La presentazione di ieri alla libreria modo infoshop sul podcast del post: Clic
martedì 26 Maggio 2015
Lettura s. f. (der. del s. m. «letto») – il giacere distesi facendo corpo unico con il letto, in un rapporto simbiotico tra i fondamentali della biologia umana.
L. allettante: tautologia orizzontale.
[Maria Sebregondi, Etimologiario, Macerata, Quodlibet 2015, p. 85]
martedì 26 Maggio 2015
Martedì 26 maggio,
a Bologna,
alla libreria Modo Infoshop,
in via Mascarella 24/b,
alle 19
parliamo,
con Maria Sebregondi,
dell’Etimologiario
di Maria Sebregondi
(Quodlibet edizioni)
mercoledì 6 Maggio 2015
Solitudine s. f. (derivato da «sol», quinta nota nella scala fondamentale di «do») – il suono costante a bassa frequenza, per l’appunto un sol (secondo altri un sol diesis calante), prodotto dalle centrali elettriche, un manto sonoro che avvolge la terra da circa un secolo. Raro sottrarsi; si è soliti coprirla con rumori più forti.
[Maria Sebregondi, Etimologiario, Macerata, Quodlibet 2015, p. 52]
sabato 18 Aprile 2015
Neonato agg. – sottoposto alle radiazioni luminose del neon. Si applica per estensione ai soggetti appena venuti al mondo: folgorati da luce improvvisa, difficilmente riescono a riprendersi dal trauma.
[Maria Sebregondi, Etimologiario, Macerata, Quodlibet 2015, p. 39]