Torino

lunedì 9 Settembre 2013

manganelli, cina e altri orienti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Arrampicato in cima al cielo, l’aereo guarda in giù. «Che strano,» mi dice «mi sembra di essere a Torino». Assento. Non è bene contraddire gli aerei. D’altra parte un aereo ha uso di mondo, viaggia, si fa delle idee. Ad esempio, questa stravaganza: che questa cosa enorme, geometrica, questo disegno che si spalanca come una mappa sotto di noi, questo rigido ideogramma sia in qualche modo Torino, o insomma abbia del torinese. Conoscete Torino; strade rettilinee, angoli retti, piazze rettangolari, nell’insieme l’idea di una geometria fatta città. Ma questa sotto di noi non è Torino, è Pechino; anzi come presto impareremo a dire, è Beijing, un nome strano, che non ha la grazia da operetta di «Pechino», un nome che mi fa sentire invecchiato. Come si può rinunciare ad un nome laccato, scintillante ed esotico come «Pechino»? Beijing è cupo, sordo, senza scintillii. Ma, mentalmente, dove siamo? A Pechino, o a Beijing?

[Giorgio Manganelli, Cina e altri orienti, Milano, Adelphi 2013, p. 227]