Solo sentire il suono

venerdì 6 Luglio 2018

Una volta mi son sentito dire, ero alla presentazione di un libro, Ma perché scrivi? mi ha chiesto uno a un certo momento che è una domanda strana, e io tutte le volte che me l’avevano fatta non avevo mai trovato una risposta quella volta lì «Io più vado avanti, – mi son sentito dire, – più ho l’impressione che i miei libri, ecco secondo me io, ma anche gli altri che scrivon romanzi, secondo me i romanzi in generale si scrivono per i morti.
Io se non avessi avuto i miei morti, – mi son sentito dire, – mio nonno, mia nonna, mio babbo, io probabilmente non avrei mai scritto niente e i libri che piacciono a me secondo me sono scritti per della gente che sa già tutto, non per informare, per informare, per i vivi, ci sono i giornali, i telegiornali, i radiogiornali, i romanzi, mi sembra, son per i morti, e io ormai più passa il tempo anche nei vivi, anche in me, mi son sentito dire, io apprezzo la parte morta, di me, la mia mortalità, non la mia vitalità».
Alla fine allora avere dei morti è una cosa che non è indifferente, quello che fai, avere dei morti è già dare un senso alla vita. Quelli che cercano il senso della loro vita, per dire, è perché non hanno ancora capito che hanno dei morti, secondo me.
Per esempio i parenti dei morti di Reggio Emilia, che son passati sessant’anni, nonostante tutte le porcherie che hanno subìto le ingiustizie che han visto nonostante il dramma di quel che è successo lì in piazza dei Teatri, loro non si son mica dati per vinti, e il fatto che non si siano dati per vinti che abbiano ancora presente benissimo a sessant’anni di distanza il senso di quello che devono fare, secondo me, non so se poi in generale dai fatti del mondo si possono trarre delle conclusioni, ma se si potessero trarre io concluderei che è della gente che hanno dei morti che son molto forti. Lauro Farioli , Ovidio Franchi, Marino Serri, Afro Tondelli e Emilio Reverberi sono dei morti che son molto forti, secondo me. Solo sentire il suono dei loro nomi, Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Marino Serri, Afro Tondelli e Emilio Reverberi, uno ha l’impressione di aver detto una cosa forte, una cosa che ha del senso, una cosa commovente. Ecco sarebbe una cosa bella se noi, quando moriremo, che, adesso mi dispaice dar delle brutte notizie, ma moriremo, tutti quelli che siamo qua, sarebbe bello se noi, quando moriremo, i nostri nomi, pronunciati ad alta voce, producessero almeno una frazione del senso che producono i nomi di quelli che sono morto il 58 anni fa sulla piazza dei teatri di Reggio Emilia.

[Questa cosa viene dal discorso che leggo domani a Reggio Emilia e che si intitola Una vita propria e che, in parte, è composto da pezzi di un libro che si intitola Noi la farem vendetta]