Padiglione Hall

mercoledì 26 Aprile 2017

Quando sono andato a Tempo di libri, la prima fiera del libro di Milano, sabato scorso, un po’ ero curioso un po’ non ne avevo voglia. Non ne avevo voglia perché in questo periodo sto provando a fare girare un romanzo e la cosa che mi interessa, in questo periodo, è fare girare il romanzo e il primo appunto che ho trovato sul mio quaderno, tra quelli che ho scritto sabato, è: «Che due maroni che due maroni che due maroni che due maroni» che rende, mi sembra, lo stato d’animo con cui son partito. Andavo a presentare un libro che si intitola Strategia della crisi, che è appena uscito e che comincia con una frase di un critico russo (Jurij Tynjanov) che, negli anni venti del novecento, scrive: «La prosa russa attraversa un periodo di crisi. (D’altra parte, anche la poesia attraversa un periodo di crisi. In generale, è difficile ricordarsi di un periodo in cui non attraversavano un periodo di crisi)», e che continua dicendo che io, che sono nato nel 1963 a Parma, ho l’impressione che, da quando mi ricordo io, la poesia italiana, la prosa italiana, l’economia italiana, la giustizia italiana, la pubblica istruzione, italiana, la sanità, italiana, la politica, italiana, lo sport, italiano, attraversino, da allora, un periodo di crisi; a me sembra di esser sempre vissuto in un periodo di crisi e delle volte mi chiedo cosa succederebbe se passasse, la crisi, e ho come l’impressione che ne sentirei la mancanza. Quindi il mio umore, mi viene da dire, era adatto al contesto, e poco prima di salire sul treno Freccia rossa che da Bologna mi avrebbe portato a Milano centrale, mentre aspettavo ai piedi dell’entrata che scendessero i passeggeri che dovevano scendere a Bologna, che mi erano sembrati tantissimi, e con delle valigie molto ingombranti, e un’età media intorno ai 75 anni, e mi era venuta in testa l’espressione «La sagra dell’anziano» (non ho niente, contro gli anziani, mi considero anch’io un anziano, o un aspirante, anziano), ecco, quello, devo dire, era stato un momento che mi era venuta in mente una frase che mi viene in mente spesso quando vado da qualche parte: «Non era meglio stare a casa?». Che di solito mi viene in mente quando arrivo, in questo caso mi era venuta in mente prima ancora che partissi una specie di piccolo record, per cominciare. Poi, arrivato a Milano centrale, avevo preso il treno per Rho Fiera, in dieci minuti ero in fiera e la prima cosa che mi aveva colpito era stato il nome del padiglione dove c’era la fiera che si chiamava Padiglione Hall. Che io subito avevo pensato che c’era qualcosa che non tornava perché una cosa o è una Hall o è un padiglione, avevo pensato, invece quello si chiamava proprio il padiglione Hall. Dopo, appena entrato, mi era sembrato di essere alla fiera del libro di Torino, solo con molta meno gente. Avevo cercato il mio editore, l’avevo trovato, mi aveva fatto vedere i due posti dove dovevo andare, lo stand della Rai, dovevo fare un’intervista per radio, e la sala dove dovevo presentare il libro. Lo stand della Rai mi era sembrato uguale allo stand della Rai che c’era a Torino, le sale invece erano diverse, dalle sale di Torino, fin dal nome, qui le sale si chiamavano come i caratteri, Arial, Gothic, Georgia, Garamond, la mia era la Arial.
Poi avevo fatto l’intervista per radio, esattamente come le interviste che faccio a Torino, che quando mi avevano chiesto «Strategia della crisi, ma in che senso strategia?», a me era sembrata una domanda difficile, e quando mi avevano fatto presente che il libro l’avevo scritto io, io avevo pensato «Eh, ma è stato tanto tempo fa».
Dopo, finita questa cosa, dovevo ritrovare la sala Arial, non sapevo più dov’era, avevo preso in mano il telefono, stavo per aprire Google maps e digitare «Sala Arial», mi ero fermato, avevo guardato per aria, era scritto per aria, con una freccia, esattamente come a Torino. Prima della presentazione avevo preso un caffè, al bar, nessuna fila, e era una cosa un po’ stupefacente: erano le 18 e 04 di sabato, al bar della fiera del libro di Torino ci sarebbe stata una fila lunghissima, al bar della fiera del libro di Milano non c’era nessuna fila. L’avevo fatto notare al mio editore che mi aveva detto che anche in bagno, a Torino c’eran delle file di un’ora, qui niente fila, i bagni vuoti. Che erano delle cose, a Torino, prendere un caffè, fare la pipì, erano cose che erano molto più difficili ma c’era più soddisfazione e alla fine, questa fiera del libro di Milano, forse era troppo facile, a parte la domanda sulla strategia della crisi, era come se non avessi fatto nessuna fatica, a venire alla fiera di Milano, e invece a me piace quando faccio fatica e Torino mi piace di più, non parliamo poi di Lucca, Lucca comics è il massimo, della soddisfazione, fare la pipì, a Lucca comics, è una delle esperienze più belle dell’anno «Forse dovrei mettermi a disegnar dei fumetti», avevo pensato intanto che tornavo a casa dalla prima fiera del libro di Milano, Tempo di libri.

[Uscito ieri sulla Verità]