La scuola russa, la scuola francese e la scuola italiana

giovedì 10 Febbraio 2011

Due cose, come premessa: la prima, che ieri ho ripreso in mano I formalisti russi, l’antologia curata da Todorov di quel gruppo di critici che hanno provato a fondare la critica letteraria su delle basi scientifiche, a interrogarsi sostanzialmente su: come sono fatte le cose. E ero contento. La seconda, che quando mi è successo di incontrare qualcuno che non vedevo da tempo, negli ultimi mesi, mi sono sentito rivolgere più di una volta la domanda: Hanno smesso di romperti le balle con Libero? E io, negli ultimi mesi, rispondevo di solito: Sì, un po’ hanno smesso. Dopo, ieri, dall’Einaudi mi hanno mandato una recensione di Fabio Zinelli, presa dall’Indice, ai due ultimi romanzi che ho pubblicato, I malcontenti e A Bologna le bici erano come i cani. Zinelli è un mio concittadino (parmigiano) che, quando l’ho incontrato, un paio di volte, faceva, se non ricordo male, il ricercatore. È stato, allora, con me, molto gentile, mi ha fatto un sacco di complimenti e mi è sembrato timido, riservato, discreto, e, non so come dire, mi è piaciuto, e sono stato contento di vedere, ieri, che adesso Zinelli è diventato Directeur d’études di filologia romanza all’École Pratiques des Hautes Études di Parigi.
Solo che, ieri, quando poi ho letto la recensione che ha scritto, Zinelli, fin da subito, prima colonna, quando Zinelli scrive che io faccio i salti mortali per vivere con la scrittura, e che da questa cosa mi sono derivati incidenti anche seri, come la collaborazione con Libero, e che scrivo su Libero per reggere il ritmo delle necessità, cioè perché ho bisogno di soldi, a me, dal momento che ho un brutto carattere, mi è venuto un nervoso. Ma Zinelli? ho pensato. Ma ha visto il mio 740? Non credo. L’ho incontrato due volte. Non abbiam detto niente. Mi ha solo fatto dei gran complimenti. Io gli ho detto Grazie, molto gentile. Mi voleva invitare a Parigi, se non ricordo male. Del 740 non abbiam mica parlato. Allora, dal momento che non l’ha visto, mi sono chiesto ieri, cosa ne sa, Zinelli, del ritmo delle mie necessità? E Zinelli, mi sono chiesto poi dopo, come si permette, di parlare delle mie necessità? Ma all’École Pratiques des Hautes Études di Parigi, mi sono chiesto poi dopo ancora, ma come ragionano? Poi dicon la scuola italiana, mi sono detto.
Però mi sembrava proprio stranissimo, che uno come Zinelli avesse scritto delle cose del genere; uno così gentile, e timido, e riservato, e discreto. M’aveva detto delle cose così belle. Adesso sai cosa faccio? ho pensato, gli scrivo una lettera. E l’ho scritta. Mi permetto di copiarla qua sotto.

Caro Fabio,
dal momento che ho un brutto carattere, quando leggo delle cose come quelle che hai scritto nella recensione sull’Indice, a me mi viene il nervoso.
Poi mi ricordo come sei stato gentile con me, mi passa il nervoso.
Dopo, rileggo quello che hai scritto nella recensione sull’Indice, dato il mio brutto carattere mi viene il nervoso.
Poi mi ricordo di come sei stato simpatico, mi passa il nervoso.
Dopo, rileggo le cose che hai scritto nella recensione sull’Indice, a causa del mio brutto carattere mi viene il nervoso.
Poi mi ricordo come sei stato discreto e carino con me, mi passa il nervoso.
Dopo, ripenso alla recensione a quel che c’è scritto a com’è formulato, mi viene il nervoso.
Che brutto carattere, che ho, penso, e vado a farmi un caffè.
Torno al computer con il caffè, mi cade l’occhio sulla recensione, il mio brutto carattere ha il sopravvento, mi torna il nervoso.
Poi ripenso ai tuoi modi così educati, mi passa il nervoso.
Dopo, bevo il caffè.
Stai bene
Paolo

[Esce oggi su Libero]