Intellettuali

sabato 28 Febbraio 2015

L’altro giorno, per radio, ho sentito un’intervista allo scrittore Marco Missiroli in cui Missiroli ha presentato il suo romanzo Atti osceni in luogo privato, e una delle prime cose che ha detto, Missiroli, è stata che lui ha cominciato a leggere tardi, intorno ai vent’anni e, come per scusarsi, ha aggiunto: «Sa, a Rimini», (lui è nato a Rimini) «a Rimini i giovani facevano delle altre cose, giocavano a pallavolo».
Ecco, a me è piaciuta molto, questa immagine di Rimini dove i giovani giocano tutti a pallavolo, e mi è venuto in mente di quando ero giovane io, che non son stato giovane a Rimini, ma a Parma, e mi son detto che, sembrerà strano, ma anche a Parma, i giovani giocavano a pallavolo. Qualcuno giocava anche a calcio, a Parma, qualcuno giocava anche a motocross, lo so che non si dovrebbe dire, giocare a motocross, ma il motocross allora era straordinariamente popolare, tra i giovani di Parma, così come il ciclocross tra i giovanissimi; c’erano anche certuni che giocavano a rugby, e a baseball, molti giocavano a tennis tavolo, c’erano delle sporadiche esperienze di pallamano, e di pallanuoto, perfino, ricordo un compagno delle elementari che si vantava delle sue partite di pallanuoto, che, lo diceva scuotendo la testa «È uno sport faticosissimo»; vinceva sempre, diceva, e segnava sempre anche un fracco di gol, diceva, talmente tanti che io pensavo che raccontasse un fracco di balle, eravamo in terza elementare e io non ero neanche capace di nuotare, forse era per quello che mi ballava un occhio, come dicono a Parma, cioè che non ci credevo, ma alla pallavolo al rugby, al baseball, al motocross, al ciclocross, al tennis tavolo e, saltuariamente, alla pallamano, sì, e anche a Parma, che è una città che ha la fama di essere una città colta (quante volte ho sentito dire che a Parma c’erano più abbonati ai Cahiers du Cinéma di quelli che c’erano a Milano?), leggere i libri, anche a Parma, in certi quartieri, come quello che frequentavo io, il quartiere Montebello, e in certi bar, come quello dove andavo io, il Bar Riviera, era una cosa molto più strana che giocare a pallavolo.
Mi ricordo una volta che ero andato Festa dell’Unità con un mio amico che si chiamava Andrea, noto pallavolista nonché allenatore di una squadra amatoriale di calcio, e io, nella bancarella dei libri avevo trovato un libro di Sciascia, mi piaceva molto Sciascia, all’epoca, e Bulgakov, erano i miei due scrittori preferiti, avevo ancora in testa questa idea degli scrittori preferiti che adesso mi sembra un po’ insensata, ma non importa, avevo trovato un libro di Sciascia che non avevo mai letto, un’intervista con un francese che si intitolava La Sicilia come metafora, e l’avevo comprato.
Quando eravamo tornati al bar avevo appoggiato il libro sul tavolino e ci eravam messi lì fuori io e Andrea a guardare la gente, una cosa che mi piaceva e mi piace moltissimo ancora, guardare la gente che passa, come guardare l’acqua dei fiumi in piena.
A un certo momento era arrivato un nostro amico, che si chiamava Nadir, che non so come era messo con la pallavolo, a giocare a calcio era bravo, era figlio d’arte, suo babbo aveva giocato nell’Inter e nel Parma, e Andrea, mi ricordo, l’aveva salutato con un gesto della testa e poi, facendo segno, sempre con la testa, al libro che era sul tavolino aveva detto: «C’è della gente qua che vogliono fare gli intellettuali».

[uscito ieri su Libero]