I russi sono matti

venerdì 5 Aprile 2019

Ho cominciato a scrivere un libro che si chiama I russi sono matti, ed è una scuola elementare di letteratura russa (e sovietica) e parla di un centinaio di libri russi tra otto e novecento.
All’inizio, nell’introduzione, mi son ricordato di una frase di Roman Jakobson che cita «un grande poeta russo mai esistito, Koz’ma Prutkov, che affermava: “Nessuno abbraccia l’inabbracciabile”».
E ho pensato al mio professore di letteratura russa, Gian Piero Piretto, che a Milano, anni fa, doveva parlare di Memorie di un pazzo, di Gogol’, e si era definito un appassionato, di Gogol’, e io avevo pensato che aveva ragione, e che di grandi scrittori come Gogol’, Dostoevskij, Tolstoj, Puškin e Čechov, nessuno poteva dirsi un esperto, eravamo tutti degli appassionati, perché si può essere esperti di tante cose, di cinema, di meccanica, di elettronica, di statistica, di raccolta differenziata, di agricoltura, di calcio, di pallacanestro, di sport estremi, di pattinaggio in linea, di cortometraggi, di tutto, tranne forse che di letteratura, perché i grandi scrittori, i grandi libri, sono, forse, come diceva quel grande poeta russo mai esistito, Koz’ma Prutkov, larghi così: inabbracciabili.