Benvenuti

domenica 18 Novembre 2018

Mi ricordo che il ventidue o ventitré agosto del 1968 ero in fila al forno di Piazza Strossmayer e che dopo due ore mi avrebbe dovuto sostituire mia sorella. Mi ricordo che non è arrivata, che me ne sono andato e che poi a casa mi hanno sgridato.

Mi ricordo che me ne sono andato dalla fila soprattutto perché prima di pranzo volevo avere il tempo di leggere le scritte sui muri. Mi ricordo delle scritte Via gli occupanti, Dubček, non arrenderti e Con l’Unione sovietica per l’eternità, ma nemmeno un secondo di più. Mi ricordo anche la scritta Un elefante non può ingoiare un riccio, che non avevo capito del tutto, e un’altra che mi piaceva molto, Compratevi una paletta, è arrivata un’epoca di merda.

Mi ricordo una battuta: Si incontrano due tizi. Uno dice: “Brežněv è in ospedale”. L’altro gli chiede: “Come mai?”. E il primo gli fa: “È inciampato in un martello e gli si è infilata la falce nel culo”.

Mi ricordo un’altra battuta sotto forma di indovinello: “Perché quest’anno a Mosca non si è tenuta la parata militare? — Perché tutti i soldati che avevano gli scarponi si trovano in Cecoslovacchia”.

Mi ricordo una storiella secondo la quale nella redazione di un giornale avevano cacciato il correttore di bozze perché nel programma della radio non aveva individuato un errore: invece di “programma su V. I. Lenin” nella rubrica era comparso “prodramma su V. I. Lenin”.

Mi ricordo una storiella secondo la quale il direttore della prigione di Praga aveva passato un guaio perché aveva fatto mettere sul portone la scritta “Benvenuti!” in occasione della visita ufficiale di una delegazione dall’URSS.

[Patrik Ourednik, Anno 24, traduzione di Alessandro Catalano, il testo completo è qui: clic]