Scuola elementare
venerdì 3 Maggio 2024
Qual è il ruolo dell’intellettuale?
Scrivere delle cose belle.
Iosif Brodskij
Quando ho cominciato a scrivere, nel 1996, per un paio d’anni, la domanda che mi facevo più spesso, nella mia testa, era Ma quello che scrivo io, è bello?
Dopo, ho trovato un modo per capirlo. Sabato 18 maggio, dalle 10 alle 13 e dalle 15.30 alle 18.30, e domenica 19, dalle 10 alle 13, al Teatro delle Moline, a Bologna, c’è un corso per chi ha cominciato a scrivere ma non ha ancora capito se quello che scrive è bello.
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Scuola elementare
giovedì 2 Maggio 2024
In quegli anni l’intelligencija russa è divisa tra coloro che credono che la Russia debba seguire l’esempio europeo, e che vorrebbero sviluppare e dare seguito alle riforme del primo (e unico, forse) zar “europeo”, Pietro il grande, che, fondando Pietroburgo e facendone la capitale, ha aperto, come si usa dire, «una finestra sull’Europa» e indirizzato la storia della Russia verso l’occidente (quelli che la pensavano così venivano detti occidentalisti), e coloro che credevano invece che, per la Russia, fosse necessario un cammino autonomo, originale (questi venivano chiamati slavofili).
Il leader degli slavofili, in quel 1880, è quel signore che sale sul palco di Mosca e si rifiuta di fare il suo intervento dopo che ha parlato Dostoevskij, Ivan Sergeevič Aksakov.
Qualche anno prima, nel 1863, Aksakov aveva scritto, a Dostoevskij: «Condizione prima per liberare in noi stessi il sentimento della nazionalità è odiare Pietroburgo con tutto il nostro cuore e con tutti i nostri pensieri. Soffiare via, sputare via, rinnegare “Satana”».
“Satana”, per Aksakov, era Pietroburgo.
[Martedì 7 maggio, alle 19, alla libreria Noi di Milano, con Elisabetta Risari e i traduttori Sofia Ballan, Antonella Castria, Claudia Coppola, Asia Mariancini, Sophia Simo, Monica Triglia e Andrea Vercelli presentiamo il Discorso su Puškin di Dostoevskij]
Scrittura emiliana
mercoledì 1 Maggio 2024
Uno potrebbe chiedersi, ma perché non ci racconti della partita? Perché questa è una partita che, se il Parma pareggia, va in serie A, ed è un partita spaventosa, come si può immaginare. Il resto è qui: clic
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mercoledì 1 Maggio 2024
I nomi delle strade
Le strade sono
tutte di Mazzini, di Garibaldi,
son dei papi,
di quelli che scrivono,
che danno degli ordini, che fanno la guerra.
E mai che ti capiti di vedere
via di uno che faceva i berretti
via di uno che stava sotto un ciliegio
via di uno che non ha fatto niente
perché andava a spasso
sopra una cavalla.
E pensare che il mondo
è fatto di gente come me
che mangia il radicchio
alla finestra
contenta di stare, d’estate,
a piedi nudi.
[Nino Pedretti, Al vòusi, Torino, Einaudi 2017, p. 19]
Scuola elementare
martedì 30 Aprile 2024
Io, invece che dai vari governi Pentapartito o monocolore che si dice si siano alternati alla guida del paese negli anni della mia adolescenza e della mia giovinezza, io, piuttosto che da loro, sono stato governato da Bulgakov, da Chlebnikov, da Charms, da Mandel’štam, da Blok, da Puškin, da Anna Achmatova, da Lev Tolstoj, da Gogol’, da Dostoevskij, da Venedikt Erofeev, da Iosif Brodskij, da Ivan Gončarov, e sono stato, a volte, per degli attimi, per dei giorni, per dei mesi, un suddito felice e riconoscente.
[Ieri abbiamo fatto l’ultima replica, per questa stagione, della Libertà, son state due serate molto belle, al Teatro Parenti di Milano, ricominciamo quest’autunno, a Venaria Reale, se non ricordo male]
Scuola elementare
lunedì 29 Aprile 2024
Ieri ero a Milano, al Teatro Parenti, a recitare in uno spettacolo che si chiama La libertà. Primo episodio, la prima di due repliche, e è stato bello, è venuto bene, eravamo contenti, con i musicisti, e ce lo siamo detto, È venuta bene, mi hanno detto loro, e io gli ho detto Tanto domani viene male, che è un pensiero che mi tranquillizza, che le cose, comunque, andranno male, anche il libro che sto scrivendo, non piacerà a nessuno, e allora lì sì, che ci divertiamo, sarò intelligente? Intelligentissimo.
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lunedì 29 Aprile 2024
Per uno che scrive dei libri, tutti i libri sono un pezzo della tua vita, questo, però, come nella Fattoria degli animali, è un pezzo più pezzo degli altri, ne parliamo, con Sonia Folin e Alberto Rollo, il 20 maggio, alla libreria Verso di Milano alle 19.
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domenica 28 Aprile 2024
L’ho vista poi quando son tornato a casa, ho visto che l’arbitro, il secondo tempo, l’ha fatto cominciare che il portiere del Lecco era ancora negli spogliatoi. Non avevo mai visto, una cosa del genere. Anche un campionato che il Parma è sempre primo in classifica, non l’avevo mai visto.
Il resto è qui: clic
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sabato 27 Aprile 2024
Pensavo di averla persa, l’ho ritrovata stamattina (è sporchissima, adesso la lavo). Stasera, intanto, alle 17, alla libreria Ambasciatori, con Veronica Raimo presentiamo La vita è breve, eccetera, che ha vinto il primo premio Karenin, e le consegniamo il premio.
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sabato 27 Aprile 2024
Intorno a qualche modo di usare il verbo abitare
Se passo davanti alla casa dove abito, posso dire «abito là» o, più precisamente «abito al primo piano, in fondo al cortile»; se desidero dare un senso più amministrativo alla mia asserzione, posso dire «abito in fondo al cortile, scala C, porta di fronte». Se mi trovo nella mia strada, posso dire «abito là, al 13» oppure «abito al numero 13» o «abito dall’altra parte della strada» o «abito accanto alla pizzeria».
Se a Parigi qualcuno mi domanda dove sto di casa, ho la possibilità di scegliere fra una buona dozzina di risposte. Potrei dire che «abito in rue Linné» soltanto a chi so per certo che sa dov’è la rue Linné; più spesso sono portato a precisare la disposizione geografica della suddetta via. Per esempio: «abito in rue Linné, a fianco della clinica Sain-Hilaire» (molto conosciuta dai tassisti) o «abito in rue Linné, è a Jussieu» o «abito in rue Linné, di fianco alla facoltà di Scienze» o meglio, «abito in rue Linné, non lontano dalla moschea». In alcune circostanze più eccezionali, potrei essere indotto a rispondere che «abito nel 5°» o «abito nel quinto arrondissement» o «abito al Quartiere Latino», oppure «abito sulla riva sinistra».
In qualunque parte della Francia (se non proprio a Parigi e nell’immediata periferia) ritengo di essere più o meno sicuro di farmi capire se dico «abito Parigi» o «abito a Parigi» (tra i due modi di dire una differenza c’è, ma quale?). Potrei anche dire «abito nella capitale» (non credo di averlo mai detto), e nulla mi impedisce di immaginare che potrei optare per «abito nella ville Lumière» o «abito nella città che un tempo era chiamata Lutezia», benché rassomigli piuttosto all’inizio di un romanzo che all’indicazione di un indirizzo. Invece, rischio sicuramente di non essere capito se dò informazioni del tipo: «abito a 48° 50 latitudine nord e a 2° 20 longitudine est» o «abito a 890 chilometri da Berlino, 2.6000 da Costantinopoli e 1.444 da Madrid».
Se abitassi a Valbonne, potrei dire «abito sulla Costa Azzurra» o «abito vicino ad Antibes». Ma, abitando proprio a Parigi, non posso dire «abito nella regione parigina», e neppure «abito nel dipartimento della Senna».
Inoltre non vedo bene in quali circostanze sarebbe pertinente dire «abito a nord della Loira».
«Abito nella Francia» o «abito in Francia»: potrei esser obbligato a dare questa informazione trovandomi in un punto qualunque situato fuori dell’Esagono, anche se ufficialmente sono in Francia (per esempio in un D.O.M – Territorio d’Oltre Mare); se dicessi «abito nell’Esagono», sarebbe solo per scherzo; mentre se fossi còrso e abitassi a Nizza o dell’Ile de Ré a La Rochelle, potrei dire «abito in continente».
«Abito in Europa»: questo tipo di informazione potrebbe interessare a un americano che incontrassi per esempio all’Ambasciata del Giappone a Canberra. «Oh, you live in Europe?» ripeterebbe, e io sarei portato senza dubbio a precisare «I am here only for a few (hours, days, weeks, mounths)».
«Abito sul pianeta Terra». Avrò mai un giorno l’occasione di dirlo a qualcuno? Se fosse un “III tipo” disceso nel nostro infimo mondo, lo saprebbe di già. Ma se sarò io a trovarmi da qualche parte nei pressi di Attarus o di KX1809B, dovrò certamente segnalare che «abito il terzo (il solo abitato d’altronde) dei pianeti principali del sistema solare nell’ordine crescente della loro distanza rispetto al sole» o «abito uno dei pianeti di una delle più giovani stelle nane gialle situate ai bordi di una galassia d’importanza mediocre designata arbitrariamente con il nome di Via Lattea». E all’inizio ci sarebbe una probabilità su centomila milioni di miliardi (ossia solamente 10 alla ventesima) che mi risponda: «Ah, sì, la Terra…»
[Georges Perec, Pensare/Classificare, traduzione di Sergio Pautasso, Macerata, Quodlibet 2024, pp. 11-13]