10 novembre – Bologna
Lunedì 10 novembre,
al Locomotiv di Bologna,
alle 19 e alle 21 e 30,
racconto Delitto e castigo.


Lunedì 10 novembre,
al Locomotiv di Bologna,
alle 19 e alle 21 e 30,
racconto Delitto e castigo.

ho l’impressione che un modo bello di cambiare le cose sarebbe bene che non partisse dalla presunzione che noi siamo bravi, ma dalla consapevolezza che siamo deboli, difettosi, insignificanti, e io ho l’impressione, magari mi sbaglio, ma ho l’impressione che la nostra debolezza, la nostra insignificanza, i nostri difetti, siano le cose più importanti che abbiamo.
Discorso lungo che si trova qui: clic

Mi è venuta in mente una cosa che ho scritto vent’anni fa all’inizio di un romanzo che si intitola Noi la farem vendetta che c’era scritto Io ormai è una vita, che sono sul punto di rassegnarmi, e ieri, secondo me, il Parma, lì alla fine del primo tempo eravamo sul punto di rassegnarci, non ci siam mica rassegnati
Il resto è qui: clic

«Se lo amo?», chiede la signora. «Dei loro mariti le nostre contadine non dicono “Mi ama”. Dicono “Mi compatisce”. Compatire significa amare nella vita quotidiana».
[Oggi pomeriggio, alla Scala, provo a parlare un po’ di Leskov]

Una cosa singolare, della chiesa ortodossa, se paragonata alla chiesa cattolica, è che nella tradizione ortodossa non c’è il purgatorio.
O l’inferno, o il paradiso.
Che può voler dire che la differenza tra le azioni che fanno meritare l’inferno e quelle che fanno meritare il paradiso è minima, cioè basta andare un attimo di là, e arrivederci.
C’è un libro di Pavel Florenskij sull’idealismo, Il significato dell’idealismo, si intitola, nel quale Florenskij dice che i più vicini ai santi sono i delinquenti, che è una cosa che mi fa ricordare quel che deve aver scritto da qualche parte Tolstoj, che lui ha conosciuto qualche santuomo, e qualche delinquente, e che i santi che ha conosciuto credevano di essere dei delinquenti, e i delinquenti che ha conosciuto credevano di essere dei santi.
[Sabato, a Milano, al teatro alla Scala, dico qualcosa su Leskov]

Tre paragrafi censurati nell’edizione russa di Vi avverto che vivo per l’ultima volta. Noi e Anna Achmatova (lo presento domani a San Casciano val di Pesa, alle 21)
Sono qui: clic

Io, se voglio capire, capisco tutto.
Io non ho una testa, ho una casa di tolleranza.
Venedikt Erofeev
[Stamattina sono su Radio 2 social club a parlare dello Specchio]

Nel 1977 Leonardo Sciascia pubblica Candido. Un sogno fatto in Sicilia, cioè riscrive il Candido di Voltaire, e alla fine cita Montesquieu che dice che «un’opera originale ne fa quasi sempre nascere cinque o seicento altre, queste servendosi della prima all’incirca come i geometri si servono delle loro formule».
In questo senso Delitto e castigo a me sembra il teorema di Pitagora, cioè ci sono tante di quelle riscritture, di Delitto e castigo, che mi vien da pensare che anche chi non ha letto Delitto e castigo in un certo senso l’ha letto; se per esempio uno ha guardato una puntata del Tenente Colombo, l’ha letto, perché tutte le puntate del Tenente Colombo sono costruite come Delitto e castigo, cioè il lettore, o lo spettatore, sa chi è il colpevole, è c’è un investigatore, Colombo, nel telefilm, Porfirij Petrovič, nel romanzo, che ha un modo di investigare talmente strampalato, talmente personale, che costruisce un’intimità tale, col delinquente, nonostante il delinquente, con tutte le proprie forze, si opponga a questa intimità, cioè gli rompe talmente tanto i coglioni che lo costringe a confessare.
[Oggi, sul Fatto quotidiano, tre pagine del discorso su Delitto e castigo che leggo stasera a Roma]

mettiamo che io, ad esempio, consideri qualcuno, Tizio o Caio, un criminale; perché, mi chiedo, anche se avessi degli indizi contro di lui, dovrei farlo arrestare subito?
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