Wagner
A Palermo c’erano dei grandi cartelli con delle frecce con su scritto Carni, mi sembrava, invece poi ho letto bene era Carini, e m’è venuto in mente uno sceneggiato con la sigla che finiva con una mano sporca di sangue che lasciava il segno sul muro. C’erano delle mattonelle verdi, e l’intonaco beige. C’erano i balconi scrostati, che ti veniva da pensare a dov’era caduta, la roba. C’era la chiesa di Nostra Signora delle Nazioni, con una statua dipinta con Nostra signora delle nazioni, credo, con un’aureola di stelle, come la bandiera dell’unione europea, e era in piedi su un mappamondo. C’era una donna che si truccava, sopra una macchina, con maglietta bianca e rossa a righe occidentali, e lo faceva con un’attenzione, chissà dove doveva andare. C’erano due obesi, in via Wagner, sui quarant’anni, che si baciavano con passione. Lui aveva una maglietta arancione, e la schiena appoggiata al muro. C’era l’ascensore del grand hotel Wagner, che come entravi si sentiva la cavalcata delle valchirie.