Scuola elementare.
sabato 16 Novembre 2024
Pascal una volta aveva mandato un libro a un suo amico e nella lettera che gli aveva scritto si era scusato che il libro fosse troppo lungo «Non ho avuto il tempo di farlo più corto», aveva scritto Pascal, e io lì a Santarcangelo mi son scusato anch’io che la presentazione sarebbe stata forse un po’ lunga.
[Domani, sul Fatto quotidiano, racconto l’uscita di Chiudo la porte e urlo e provo a ragionare su come è scritto]
venerdì 15 Novembre 2024
Dopo, al dibattito, a Torino, alla fine Calabresi mi ha chiesto se volevo concludere io e io ho detto che non sapevo tanto cosa dire ma che avevo l’impressione che noi quattro, tutti e quattro, la cosa che facevamo, il nostro mestiere, era raccontar delle storie, che era un mestiere che, come avevamo detto, si rischiava di spaccarsi la testa, e che questa cosa mi faceva venire in mente Maksim Gor’kij, che era nato povero, era diventato presto orfano, e si era messo a scrivere e aveva avuto successo e gli aveva scritto Čechov e gli aveva fatto i complimenti e lui aveva risposto che i complimenti di Čechov l’avevano imbarazzato e gli sembrava di non meritarseli, Perché io sono uno che si è messo a correre e adesso vado come un treno e andrà a finire che vado a finir contro un muro e mi spacco la testa, aveva scritto a Čechov Gor’kij, più o meno, cito a memoria. E Čechov gli aveva risposto Gor’kij, gli aveva scritto, ma cosa dice, lei lo sa benissimo che non è che ci si spacchi la testa perché si scrive, ma si scrive perché ci si è già spaccata la testa, aveva scritto Čechov a Gor’kij, più o meno, cito a memoria.
[Domenica 17 novembre, alle 17, Milano, Monterosa 91, Chiudo la porta e urlo]
giovedì 14 Novembre 2024
«Come siete magra! E guardate che mano che avete, pare trasparente! Avete le dita come i morti».
[Un complimento di Raskol’nikov a Sonja Marmeladova, in Delitto e Castigo, traduzione di Damiano Rebecchini; domani, a Milano, alle 18 e 30, al collegio di Milano, via S. Vigilio 10 Il rischio di leggere Tolstoj e Dostoevskij]
mercoledì 13 Novembre 2024
Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.
Cesare Pavese
Stasera, a Santarcangelo di Romagna, Chiudo la porta e urlo.
martedì 12 Novembre 2024
Oggi, soprattutto, non mi devo dimenticare la tromba sul treno.
lunedì 11 Novembre 2024
Esce domani chiudo la porta e urlo, cominciamo a ripetere un po’ di cose.
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lunedì 11 Novembre 2024
Ci sono dei versi, come «Ho imparato la scienza degli addii nel piangere notturno a testa nuda» (di Mandel’štam), o «Vivere una vita non è attraversare un campo» (di Pasternak), o «Mi piace che mi grandini sul viso la fitta sassaiola dell’ingiuria (di Esenin), o «Poco, mi serve. Una crosta di pane, Un ditale di latte E questo cielo E queste nuvole» (di Chlebnikov) che, quando uno li legge, è poi probabile che quei versi lì vivano con lui per tutta la vita, e per tutta la vita, da quando l’ho letto la prima volta, vive con me «Stupefatto del mondo mi giunse un’età che tiravo dei pugni per aria e piangevo da solo», che non è un verso russo, è italiano, il celebre inizio di Lavorare stanca di Cesare Pavese che sarebbe, con Guido Gozzano («Socchiudo gli occhi estranio ai casi della vita; sento fra le mie dita la forma del mio cranio»), il più grande poeta italiano del Novecento, per come la vedo io, se non fosse che 24 anni fa sono andato a sentire un signore romagnolo, magro, elegante, con gli occhiali, i capelli bianchi e dei modi gentili, Raffaello Baldini.
[Oggi sulla Stampa c’è un pezzo che ho scritto io su Chiudo la porta e urlo, che esce domani. Stasera, alle 19, sul mio profilo Instagram, ne parlo ancora]
domenica 10 Novembre 2024
Stasera, il parco ducale di Parma.
sabato 9 Novembre 2024
Mia mamma, gli ultimi tempi, quando giocava il Milan non riusciva a guardare la partita in televisione perché stava troppo male, lei era tifosa del Milan.
Io mi sembra che sto andando da quella parte lì perché gli ultimi venti minuti di Venezia Parma non li ho mica guardati, ho solo sentito la radiocronaca ma male, perché intanto suonavo la tromba.
Il resto è qui: clic
sabato 9 Novembre 2024
Dopo c’è stata la gara a chitarra. A me, nella gara a chitarra, la cosa che mi piace moltissimo, sono gli applausi. La gente applaude solo se gli piace. Se non gli piace, non applaude. E il cantante, quando non applaudono, deglutisce. Deglutisce, deglutisce, deglutisce. E quando applaudono invece lo vedi che torna a sedere leggero come un uomo innamorato.
[Grazie agli organizzatori del Cabudanne de sos poetas di Seneghe che mi hanno trovato qualche copia della Matematica è scolpita nel granito che non ne avevo più]