Ecco
E dopo, all’aeroporto di Bogotà ho pensato che a me, i romanzi, non mi piacciono per quello che dicono, ma per come mi fanno sentire.
E dopo, all’aeroporto di Bogotà ho pensato che a me, i romanzi, non mi piacciono per quello che dicono, ma per come mi fanno sentire.
La collocazione di mine sotto il Cremlino mirava unicamente ad esaudire il desiderio dell’imperatore che, nell’abbandonare Mosca, il Cremlino saltasse in aria; si voleva, cioè, punire una trave del pavimento su cui il bambino, cadendo, s’era fatto male.
Lev Tolstoj (traduzione di Pietro Zveteremich)
[Stasera, alle 21, sul canale Youtube Parabellum, parliamo di Russia e Est Europa]
Questa donna è malata / questa donna è sola. // Il marito morto / il figlio in prigione / pregate per me.
Anna Achmatova
[Martedì 13 settembre, alle 21, sul canale Youtube Parabellum, con Mirko Campochiari e Massimo Vassallo parliamo di Russia e Ucraina (nella foto, di @claudiosforza_photography sono, un po’ spettinato, con uno dei gatti del Museo Achmatova)]
È così difficile seguire il Suo italiano […] A me sembra più un uso dialettale dell’italiano.
France5forever
[Domani 9 settembre, alle 19, sul mio profilo Instagram, breve discorso sul mio italiano così difficile, ammesso che riesca a tornare da Padova, che c’è sciopero dei treni, mi han detto]
Guarda, mi viene in mente una canzone di Pietro Gori, che dio l’abbia in gloria, che è un avvocato anarchico che alla fine dell’ottocento ha scritto una canzone che dice Nostra patria è il mondo intero nostra legge è la libertà, e questo è un modo che mi piace, di declinare il concetto di patria.
[Martedì a Perugia Se mi dicono di vestirmi da italiano, non so come vestirmi clic]
Puškin, come si sa, è morto in duello, ucciso da un francese, D’Anthès. «Non fu affatto la pallottola di D’Anthès a ucciderlo. L’ha ucciso la mancanza d’aria», dice Blok alla casa del letterato di Pietrogrado il 10 febbraio del 1921. In punto di morte, dice Blok, Puškin scrive «È tempo, amico, è tempo, il cuore chiede pace. Non c’è felicità al mondo, solo pace e libertà». E se al poeta togliete la libertà, dice Blok, lui muore, perché non ha di che respirare. I funzionari che impedirono a Puškin di esercitare la sua libertà, dice Blok nel 1921, si sono meritati per sempre il nome di «plebaglia».
«Temano un nome ancora peggiore» dice «quei funzionari che si preparano a mettere la poesia sulle strade da loro prestabilite, attentando così alla sua segreta libertà, impedendole di adempiere alla sua misteriosa missione».
Blok, gli succede, vede il futuro.
La vita di Anna Achmatova, e di tutti i letterati russi, da qui in poi, sarà una lunga battaglia contro quei funzionari che meritano un nome peggiore di plebaglia.
[Da Vi avverto che vivo per l’ultima volta, che son dietro a scriverlo]
Sono qui con un mio amico fotografo, Claudio Sforza, che è la prima volta che viene in Russia, e Pietroburgo gli piace molto e la vede in un modo che eran decenni, che non si poteva visitare così perché noi, Claudio e io, eravamo praticamente gli unici turisti occidentali, a Pietroburgo, quest’estate (c’era, in Russia, anche Alessandro Di Battista, ma non credo fosse vicinissimo, mi sembra fosse in viaggio per la Siberia, quando io e Claudio eravamo lì).
[Venerdì prossimo, 26 agosto, su Venerdì di Repubblica esce il mio pezzo sulla Russia con le fotografie di @claudiosforza_photography]
Ecco, io, la cosa che devo cercare di evitare, quando parlo della Russia, è pensare di conoscerla, la Russia, perché io, con tutto che son più di trent’anni che traffico con la Russia, le uniche due città in cui sono stato per un periodo significativo sono Mosca e Pietroburgo e, come dice Dino Sarti, La Russia è grande, è ben oltre Mosca e Pietroburgo e io, l’unica cosa che mi sento di consigliare, a chi decide di andare in Russia, è di prendere su la maglia di lana.
[Oggi, 17 agosto, esce un numero di Domino con un mio pezzo che si dovrebbe intitolare Perché i russi tacciono? (la foto viene da dinosarti.it)]
«Due giorni dopo l’inizio dell’operazione speciale è comparsa la notizia che Prilepin la sosteneva. Mi sono molto arrabbiao. Cosa vuol dire sostenerla? L’ho cominciata io! Sono otto anni che mi occupo di questa cosa!».
Zachar Prilepin
[Giovedì 11 agosto, alle 8 e 45, su Radio 24, parlo di letteratura russa con Giulia Crivelli]
Anna Achmatova rifiutava l’idea che le donne potessero essere di due tipi, pure o cadute. Quando lo scrisse nelle sue poesie, la chiamarono mezza suora e mezza prostituta.
[Amanda Haight, Akhmatova. A Poetic Pilgrimage, Oxford University Press, New York and London, 1976, p. 2]