Vive, vive, vive, vive, vive

venerdì 7 Aprile 2017

foster wallace, solitudine

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ho scritto prose poetiche, e alcuni pezzi brevi che probabilmente si avvicinano alla poesia, ma nessuno è particolarmente riuscito e non sento di essere molto portato per la poesia. A essere onesto, non credo di avere abbastanza talento. Per fare il poeta bisogna avere una mente molto lucida, la capacità di comprimere e distillare, di rendere concreto ciò che è astratto. Io, il meglio che posso fare, è provare a rendere concreto ciò che è concreto. Quando sto scrivendo qualcosa e mi perdo nei miei pensieri e nei miei stati d’animo, rimango in alto mare. Però prendo molto in prestito dalla poesia, anche se spesso il modo in cui lo faccio non è evidente. Ecco uno dei motivi per cui in genere avere a che fare con i correttori di bozze per me è un incubo: loro mi sottopongono una serie di modifiche o di proposte e io rispondo vive, vive, vive, vive, vive, perché molto spesso sto cercando di fare con la punteggiatura quello che i poeti cercano di fare con gli a capo tra i versi.

[David Foster Wallace, Un antidoto contro la solitudine. Interviste e conversazioni, traduzione di Martina Testa, Milano, minimum fax 2013, pp. 261-262]