Veramente?
Ogni tanto invece venivamo coinvolti nelle attività del sostegno, cioè di quelli che adesso dovrebbero essere chiamati i diversamente abili, e tutti i diversamente abili, ognuno con le sue diverse abilità, facevano qualcosa insieme, quindi ci trovavamo tutti riuniti, ragazzini e prof di sostegno, in quella auletta che si chiamava auletta sostegno, dove c’era anche una cucina, infatti buona parte delle attività comuni consisteva nella realizzazione di torte o frittate o frittele, e però mentre mangiavamo io mi divertivo con Eugenio e con gli altri diversamente abili perché ci perdevamo in considerazioni abbastanza fiabesche sulle cose, e producevamo delle grandi fantasie, e una volta, io mi ero seduto per terra in un angolo dell’auletta, e però era un periodo in quei tre o quattro giorni in cui avevo avuto delle mie malinconie, e allora uno di questi ragazzini mi aveva chiesto sei triste?, e io per scherzo, visto che mi sembrava fuori luogo parlargli dei miei problemi personali, gli avevo detto la prima cosa che mi era venuta in mente, e cioè gli avevo detto ragazzi, ieri ho preso una botta in testa e ho perso la memoria, allora loro mi avevano detto che cosa voleva dire avevo perso la memoria, io gli avevo detto che non sapevo più chi ero. Loro subito mi hanno detto ma tu sei Ugo, quello che viene da Modena, e poi Eugenio aveva detto tu sei Ugo, il mio insegnante, e anche gli altri avevano etto che era vero, che io ero Ugo l’insegnante di Eugenio allora io gli avevo detto se erano sicuri che io fossi di Modena, perché con questa botta in testa che avevo preso mi ero scordato anche dove abitavo, e gli avevo detto che quella notte lì, non sapendo più dove abitavo, ero andato a dormire sotto un ponte del Panaro, per stare al coperto se pioveva, loro mi avevano chiesto se a dormire sotto li ponte c’era freddo, e io avevo etto sì, c’è stato freddissimo stanotte, – e allora come hai fatto a dormire?, mi hanno chiesto loro, e io gli ho detto che avevo acceso un gran fuoco sotto il ponte, con dei rami secchi, come facevano i cowboy, e poi gli avevano detto se erano sicuri che abitassi a Modena, e come facevano a saperlo, visto che nessuno di loro stava a Modena, poi gli avevo chiesto ma se sto a Modena, come faccio tutti i giorni a venire fino a qui a piedi, visto che Modena è lontanissima?, e due o tre avevano detto che io avevo la macchina, quella macchina bianca, e io gli avevo detto veramente? io ho la macchina?
[Ugo Cornia, Il professionale, Milano, Feltrinelli 2012, pp. 59, 60, 61]