Vanzetti

sabato 23 Giugno 2018

E mi viene in mente anche Bartolomeo Vanzetti, un italiano giustiziato, negli Stati Uniti, insieme al suo compagno Nicola Sacco, il 23 agosto del 1927 a mezzanotte e diciannove minuti, sulla sedia elettrica, perché accusato di aver ucciso un contabile, nel corso di una rapina, nonostante le prove evidenti della sua innocenza, tra le quali la confessione dell’autore della rapina, Celestino Madeiros, e mi vengono in mente le ultime parole che ha detto, Vanzetti, ai giudici delle contea di Norfolk, il 9 aprile del 1927, dopo che gli era stata notificata la condanna a morte, inflitta da una giuria presieduta da un giudice, che si chiama Webster Thayer, che aveva detto di Vanzetti e di Sacco che erano due anarchici bastardi, mi viene in mente Vanzetti, dicevo, e mi viene in mente quando, rispondendo alla domanda di rito «Bartolomeo Vanzetti, avete qualcosa da dichiarare?», Vanzetti disse di sì, che aveva ancora delle cose da dichiarare, e parlò per mezz’ora, e le ultime cose che disse furono queste: «Ho già detto che non soltanto non sono colpevole di questi delitti, ma non ho mai commesso un delitto in vita mia, non ho mai rubato, non ho mai ucciso, non ho mai versato una goccia di sangue, e ho lottato contro il delitto, ho lottato sacrificando anche me stesso per eliminare i delitti che la legge e la chiesa ammettono e santificano.
Questo è ciò che volevo dire. Non augurerei a un cane o a un serpente, alla più miserevole e sfortunata creatura della terra, ciò che ho avuto a soffrire per colpe che non ho commesso. Ma la mia convinzione è un’altra: che ho sofferto per colpe che ho effettivamente commesso. Sto soffrendo perché sono un anarchico, e in effetti io sono un anarchico; ho sofferto perché sono un italiano, e in effetti io sono un italiano; ho sofferto più per la mia famiglia e per i miei cari che per me stesso; ma sono tanto convinto di essere nel giusto che se voi aveste il potere di ammazzarmi due volte, e per due volte io potessi rinascere, vivrei di nuovo per fare esattamente ciò che ho fatto finora.
Ho finito. Grazie».

[Da Noi e i governi, l’ho letto oggi per radio, lo rileggo il 15 luglio a Milano al Paolo Pini]