Va bene

sabato 10 Novembre 2012

Un grande scrittore russo, Viktor Šklovskij, alla fine di un articolo intitolato Papà, è la sveglia, ricorda il racconto di una scrittrice russa sua contemporanea, Teffi, che «racconta di un inventore sfortunato che cerca sempre di escogitare qualcosa di nuovo; una mattina, svegliandosi, va a prendere il tè e dice: “Sarebbe bello inventare una macchina alla quale si potesse dire, svegliami, e quella ti svegliasse…”. Sua figlia – racconta Teffi, ricorda Šklovskij – lo interrompe gli dice: “Papà, ma è la sveglia”».
Ecco io, adesso, l’altro giorno, andando in treno dal mio commercialista, pensavo che devo mettermi a scrivere un libro, e scriverlo un po’ alla sveltina, e sono praticamente nella condizione in cui è quell’inventore sfortunato, cioè che devo inventare, un po’ alla sveltina, una sveglia, dopo averne inventate già una venticinquina, di sveglie. «Ancora?» mi chiedevo l’altro giorno intanto che andavo dal mio commercialista. «Ancora», mi rispondevo.
Poi mi veniva in mente che sarebbe bello inventarne una che mi svegliasse una volta per tutte.
Poi mi veniva in mente della moglie dell’arciprete Avvakum, che, in Russia, dopo anni che seguiva suo marito che era perseguitato perché non accettava di ripudiare la fede antica, una volta che, nell’inverno del 1661, arrancando dietro l’arciprete era scivolata sul ghiaccio e non riusciva più a sollevarsi, aveva chiesto all’arciprete: «Quanto durerà questo tormento, Arciprete?».
E l’arciprete aveva risposto «Fino alla morte, Arcipretessa».
E l’Arcipretessa aveva detto «Va bene, Arciprete, tireremo avanti», pensavo l’altro giorno intanto che andavo dal commercialista.

[uscito ieri su Libero]