Un’orma bagnata di forma rotonda
Portavamo giacchette di fustagno, grigie, con l’elastico fatto passare di sotto. Sotto l’elastico il fazzoletto da naso: i calzoncini corti erano senza tasche. Pantaloncini di panno.
La parola «camicetta» è offensiva, non è maschile.
Non la si dimentica. Le offese d’infanzia non sono una scheggia sotto l’unghia: restano.
Nell’infanzia i giorni sono pieni di novità, lunghi per i dispiaceri.
Anche adesso ricordo l’offesa di quando ti pulivano il naso con il ruvido fazzoletto, forte e con cura.
Era un’offesa grande.
Qualche volta andavamo all’isola Vasil’evskij: vi abitava lo zio Anatolij, specialista di vini. Viveva in una casa di legno, sua moglie aveva uno specchio a tre portelle, sulla cui mensola c’era un piccolo salvadanaio rosa, un maiale; per me esso si trovava all’estremo limite del mondo.
A casa Nastas’ja Fëdorovna ci raccontava cose alle quali noi si credeva senza discutere; per esempio, che se si calpestava un’orma bagnata di forma rotonda lasciata da un secchio, sul viso comparivano dei cerchi. Anche adesso non metto mai il piede su una di queste impronte.
[Viktor Šklovskij, C’era una volta, traduzione di Sergio Leone, Milano, Il saggiatore 1968, pp. 19-20]