Un’intervista

venerdì 13 Maggio 2011

[Metto qua sotto un’intervista a Luca Mastrantonio che dovrebbe essere uscita oggi sul Riformista]

Nel suo discorso pubblico “Noi e i governi” cita Simone Weil e la peste della contrapposizione per cui su ogni cosa si può essere solo pro o contro. Sembra l’interruttore dell’Italia di oggi. Pro o contro Berlusconi, non c’è soluzione?

Simone Weil diceva: «Quasi ovunque, e spesso anche per questioni squisitamente tecniche, il fatto di prendere partito, di prendere posizione pro o contro, ha sostituito il fatto di pensare.
È una peste che si è originata nel contesto politico e si è diffusa a tutto il paese, alla quasi totalità del pensiero». Quel che a me sembra molto interessante, di questa cosa che scrive la Weil (nel 1943) è il fatto che molte delle mie idee, delle mie convinzioni, dei miei gusti, perfino, probabilmente dipendono da quella peste lì: non sono conseguenze di riflessioni, ma sono prese di partito, sono pensieri che io non ho pensato, sono finti pensieri che sono entrati nella mia testa predigeriti e omogeneizzati, e ci sono rimasti per degli anni e molti ci sono ancora, probabilmente. Credo che questa cosa, che vale per me, valga anche per qualche altro, e prima di cercare delle soluzioni, una cosa che vorrei fare è rendermi conto di quali siano le cose che penso e quelle che faccio finta di pensare. Dopo, non è che io sia tanto interessato alla soluzione dell’impasse politica; io, nella mia presunzione, vorrei imparare a stare al mondo come si deve.

Ci fa una classifica ragionata o almeno un elenco degli argomenti più dirimenti, contrappositivi? Chiesa Cattolica, Travaglio, Grillo…

Gli argomenti più dirimenti, per me, sono: svegliarmi al mattino o non svegliarmi; essere consapevole del fatto che ho delle mani o non esserlo; essere gentile con mia mamma o essere sgarbato con lei; aver pazienza con mia figlia o non averne; ricordarmi tutti i giorni dei miei morti o non ricordarmene.

Lei mette a confronto la dittatura sovietica, che però con lei fu più liberale della democrazia americana, almeno sulla circolazione delle persone. Ci vuole raccontare altri paradossi tra Urss e Usa, democrazia dittature…?

Non conosco bene gli Stati Uniti, quelli nel discorso sono degli esempi di un pensiero automatico (in occidente c’era la libertà, in oriente non c’era).

È stato poi negli Stati uniti? Ci può raccontare sue riflessioni? E della Russia post-putiniana cosa pensa?

Sono stato 12 giorni in Mississippi, nel 2002; questo viaggio l’ho raccontato, più o meno, nel primo capitolo di un libro che si intitola Ente Nazionale della Cinematografia Popolare, pubblicato da Feltrinelli nel 2004, ma è un viaggio troppo breve e limitato per avere delle impressioni sugli Stati Uniti. Conosco poco anche la Russia post-putiniana, manco dalla Russia da qualche anno: ho trovato molto interessante il modo in cui la racconta Serena Vitale, nel recente A Mosca, a Mosca! (Mondadori); in particolare, ricordo l’episodio di un brillante laureato in filologia che sembra faccia, oggi, un mestiere strano; siccome una buona parte dei ricchi moscoviti abitano in un quartiere fuori città collegato a Mosca da una superstrada molto trafficata, questi signori che passano molto tempo della loro giornata in macchina, hanno il problema di dove fare la pipì. Allora questo brillante filologo, si è riciclato come progettista e produttore di costosi (spesso costosissimi) pissoir da viaggio (in avorio, in oro, in oro bianco, ecc.).

Davvero finire in manicomio per un reato politico è la stessa cosa che finire sulla sedia elettrica per un reato penale? Posta la tragedia della morte di un innocente davvero non c’è differenza tra uno stato che ha nel suo codice il reato politico e uno che non ce l’ha?

Secondo lei Vanzetti è stato punito per un reato penale? Vanzetti ha detto, dopo che gli era stata notificata la condanna a morte, rispondendo alla domanda Ha qualcosa da dichiarare? (domanda fatta da un giudice che, prima della condanna, l’aveva definito «Un anarchico bastardo»), Vanzetti, dicevo, ha detto: «Non augurerei a un cane o a un serpente, alla più miserevole e sfortunata creatura della terra, ciò che ho avuto a soffrire per colpe che non ho commesso. Ma la mia convinzione è un’altra: che ho sofferto per colpe che ho effettivamente commesso. Sto soffrendo perché sono un anarchico, e in effetti io sono un anarchico; ho sofferto perché sono un italiano, e in effetti io sono un italiano; ho sofferto di più per la mia famiglia e per i miei cari che per me stesso; ma sono tanto convinto di essere nel giusto che se voi aveste il potere di ammazzarmi due volte, e per due volte io potessi rinascere, vivrei di nuovo per fare esattamente ciò che ho fatto finora». Oggi, a più di ottant’anni di distanza, abbiamo buoni motivi per credere che Vanzetti avesse ragione, che avesse sofferto per il fatto di essere anarchico e di essere italiano. Non mi sembra che essere anarchici e essere italiani siano reati penali.

Davvero senza governo si può godere pienamente di libertà? Non si vivrebbe sotto la legge della giungla?

Non ho mai provato. L’approdo all’anarchia, se ci sarà, ed è auspicabile, secondo me, ma non ci sarà, secondo me, inizia, innanzitutto, dal cambiamento del nostro modo di pensare. Bisognerebbe provare a vivere, io credo, avendo fiducia nel fatto che l’uomo è buono. Non credo che ci arriveremo mai, io non credo che ci arriverò mai, ma credo che, almeno per me, valga la pena di provarci, anche se non ci arriverò mai, anzi, proprio sapendo che probabilmente non ci arriverò mai, mi sembra valga ancora di più la pena di provare.

Oggi la contrapposizione in blocchi, culturali e/o religiosi è tra Occidente e Islam. È più o meno reale della contrapposizione di ieri tra Ovest ed est?

Non saprei.

Lei ha vissuto anche in Algeria e in Iraq del “maledetto” Saddam. Come segue e che riflessioni suscitano in lei le rivolte arabe? Anarchia, voglia di libertà, ribellione alle dittature?

Ho vissuto in Algeria e in Iraq tra l’85 el’87, son passati troppi anni perché possa dire qualcosa di sensato su quei posti e sulla gente che ci abita.

Umberto Eco ha detto che Berlusconi più che a Mubarak, dittatore egiziano, andrebbe semmai paragonato a Hitler perché dittatore eletto democraticamente dal popolo. Berlusconi, per lei, cos’è? A lei fanno più ridere le barzellette di Berlusconi o quelle di Eco?

Come dico nel discorso, credo che sia più interessante, e più utile, oggi, in Italia, occuparsi, non so, di Daniele Benati, che di Silvio Berlusconi.

Lei scrive, citando anche un sindacalista importante, che il Premier è un alibi per molti, perché viene indicato come la causa di tutti i mali. Se non è il male, che cos’è? C’è rimedio ai malati immaginari?

Veda sopra.

Sa cos’è generazione TQ? In caso negativo, un incontro tra 100 intellettuali o sedicenti tali (tra cui chi le scrive) tra i 30 e i 45 anni. Si è parlato molto di spazi pubblici di intervento, di cultura in tv, di scuola e di ricambio generazionale… Molte riflessioni ruotavano sul mercato, demonizzato da alcuni – “basta scrivere di ogni libro che è un capolavoro” -, negato da altri – “il mercato purtroppo non esiste, dunque non è un problema”. Cos’è per lei il mercato? A parte quello del pesce…

Mi deve scusare ma anche di questo non so praticamente niente.

Con i giornali lei ha un rapporto complesso e controverso. Da “Libero”, cui collabora nonostante gli strali ostili di Andrea Cortellessa, a “Gli Altri” con cui ora ha smesso di collaborare. Passando per “Repubblica” che non gli passò un pezzo politico. Ci vuole riassumere questi tre episodi?

No, preferisco di no.

Nel suo blog lei aggiorna i suoi lettori sullo stato di “salute”, arriva addirittura a pesarlo, del libro Vita di Moravia scritto da Alain Elkann. Cosa rappresenta, per lei e per i media italiana, per l’editoria italiana, il A.E.?

Alain Elkann è una figura complessa e stupefacente, per me.

In tv cosa guarda? Cosa le piace? Vespa o Santoro? E di Fazio? Lei è mai stato invitato da Fazio? Sa che un passaggio da lui vale centinaia di migliaia di copie? Quale libro le piacerebbe portare da Fazio?

Non guardo la tv. Non sono mai stato invitato da Fazio, né credo che Fazio mi inviterà mai, non perché Fazio sia cattivo o perché ce l’abbia con me, perché io sono, per la maggior parte degli italiani, ivi compreso, credo, Fazio, uno sconosciuto, e credo che continuerò a esserlo.

L’ultimo libro che non ha letto, perché non l’ha voluto leggere? Un libro che consiglia e perché? Un libro che sconsiglia?

Non avendoli letti, non parlerei dei libri che non ho letto. Sconsigliare un libro, in generale, mi sembra una cosa poco sensata. Ogni libro, anche i libri che non ci piacciono, può venir buono, credo. Mi è piaciuto molto Un anno con Thomas Bernhard, di Karl Ignaz Hennetmair, che era vicino di casa, agente immobiliare e amico di Bernhard, e che ha deciso di prendere nota, all’insaputa di Bernhard, di tutto quello che Bernhard faceva nel 1972. È un libro meraviglioso, secondo me, appena pubblicato in Italia dall’Ancora del mediterraneo per la cura di Claudio Groff.