Un uomo malato

lunedì 28 Marzo 2022

L’inizio in russo è così: «Ja čelovek bol’noj…. ja sloj čelovek. Neprivlekatel’nyj ja čelovek. Ja dumaju, čto mne bolit pečen’».
Che, tradotto, più o meno suonerebbe:
«Io sono un uomo malato… Un uomo cattivo, sono. Un brutto uomo, sono io. Credo di esser malato di fegato.»
Che è un inizio dove Dostoevskij costruisce una specie di trottola sonora, nella quale il pronome, ja, io, il sostantivo, čelovek, uomo, e l’aggettivo, bol’noj, sloj e neprivlekatel’nij, sono sempre presenti nelle prime tre frasi ma si cambiano di posto, Ja čelovek bol’noj, Ja sloj čelovek, Neprivlekatel’nyj ja čelovek. È una cosa che fa girare la testa, dal tanto che è fatta bene, secondo me; con questa frase, quasi esclusivamente con l’involucro sonoro della frase, Dostoevkskij ci dà il carattere del personaggio; l’uomo del sottosuolo, contraddittorio disperato ridicolo così simile a noi, è già tutto qui: «Io sono un uomo malato… Un uomo cattivo, sono. Un brutto uomo, sono io. Credo di esser malato di fegato.»

[Giovedì 31 marzo, a Siena, all’università per stranieri, parlo dell’Uomo del sottosuolo]