Un signore
e riguarda un signore che la moda, secondo me, la cosa più di moda che s’è messo dev’essere un tabarro, adesso forse un po’ esagero ma mica tanto e quel signore lì, che è uno dei cineasti italiani più conosciuti al mondo, e che ha scritto, tra le altre cose, una dimostrazione dell’esistenza di Dio, (in una poesia intitolata Dio che dice: “Dio c’è, / se c’è la figa c’è. / Solo lui poteva / studiare una cosa così, / sta in mano come una passerottina, / piace a tutti a tutti, / in cielo in mare in terra, / quella di una vacca, / quella di una regina. / Appena la tocchi cambiamo faccia, / ci pensiamo anche / se non ci si pensa. / Fa anche dei miracoli, / un muto per invocarla / gli è tornata la voce, / un altro inginocchiato un’ora davanti / la baciava / e diceva delle parole / in aramaico, / fino a quando ci si è / addormentato sopra come un bambino. / Ah se potessi spiegarmi. / Ma dei fatti / esempio ancora nascere e morire / non è mica facile dire di più”), quel signore lì, dicevo, che è nato nel 1902 e che è stato, tra le altre cose, l’inventore dell’audiolibro, quel signore lì che ha fatto sì che il suo paese, Luzzara, in provincia di Reggio Emilia, diventasse il principale centro italiano dell’arte naïf, che c’eran dei suoi concittadini che quando lo vedevano gli veniva da piangere perché, convincendoli a dipingere, gli aveva cambiato la vita, quel signore lì, nel 1960, ha comperato la casa dove è nato, nel centro di Luzzara, e il caffè che c’era sotto, il caffè dei suoi genitori, il caffè Zavattini, che erano caffettieri, gli Zavattini, e quel signore lì, che si chiamava Cesare Zavattini, di sé diceva di avere la sindrome del caffettiere, che quando qualcuno ordinava, lui arrivava e gli portava il caffè, e dopo averla comprata ha scritto, nei suoi diari il 7 marzo del 1960 «Sono andato a Luzzara per via della mia casa natale che ho comperato e così sono felice. Non ho comperato che dei ricordi molto tristi, angosciosi, ma siamo fatti così, e sono felice, ripeto, di questa grande malinconia».
Ecco adesso, quella casa lì, notizia dell’altro giorno, l’hanno venduta a dei privati e nella casa di Zavattini ci faranno una farmacia e degli appartamenti di pregio: addio casa di Zavattini, addio caffè Zavattini, addio ricordi molto tristi, angosciosi, e felici. E allora la cosa della potenza della letteratura io forse mi sbaglio, ma io credo che Zavattini, secondo me, ha una potenza che se c’è una giustizia, a questo mondo, quando i nostri nipoti leggeranno le sue cose, come la dimostrazione dell’esistenza di Dio, o come una poesiola che si chiama Un dubbio che dice “A vedere come la gente si saluta / mi viene un dubbio: sulla faccia della terra / d’esserci solo io bugiardo” ma tutto, tutto, quando leggeranno queste cose saranno stupefatti, i nostri nipoti, e questa stupefazione determinerà il fatto che i nostri nipoti ricompreranno quella casa lì, e il caffè, e ci faranno un museo Zavattini, ricostruendo per finta le cose che fino a pochi anni fa c’erano per davvero, quei ricordi molto tristi, angosciosi, quella grande malinconia, e rimetteranno delle librerie come quelle c’erano ai tempi di Zavattini, e i lampadari come quelli dei tempi di Zavattini, e i mobili, e i letti, e rifaranno il caffè com’era ai tempi di Zavattini e dei loro nonni, cioè di noi, se c’è una giustizia, a questo mondo, i nostri nipoti penseranno che eravam dei coglioni, a non tenere da conto delle cose così, mi è venuto da pensare questa settimana, e intanto che lo pensavo mi è venuta in mente la faccia da marziano che aveva Zavattini quando nel suo film La veritààà si affacciava al balcone e diceva «Italianiiiii… teste di cazzo», e secondo me aveva ragione, e scusate se parlo di queste cose ma son cose che a me mi sembra che mi dicano come siam messi, qual è la moda non nel campo degli abiti, delle finanziere, dei festoncini, delle pellegrine, delle balze, nel campo delle teste, se così si può dire.
[un pezzo del discorso sulla moda]