Un rompicapo

martedì 7 Ottobre 2014

Giorgio Agamben, Il fuoco e il racconto
 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il fatto è che proprio la mente dell’uomo ordinario costituisce oggi per l’etica un inesplicabile rompicapo. Quando Dostoevskij e Nietzsche si accorsero che Dio era morto, essi credettero di doverne trarre la conseguenza che l’uomo sarebbe diventato un mostro e un obbrobrio, che nulla e nessuno avrebbero potuto trattenere dai più scellerati delitti. La profezia si è rivelata del tutto priva di fondamento – e insieme, in qualche modo, esatta. Vi sono, certo, di tanto in tanto, ragazzi in apparenza per bene che, in una scuola del Colorado, prendono a fucilate i loro compagni e, nelle periferie delle metropoli, piccoli delinquenti e grandi assassini. Ma essi sono, com’è stato in ogni tempo e, forse, in misura ancora maggiore, l’eccezione e non la regola. L’uomo comune è sopravvissuto a Dio senza troppe difficoltà ed è, anzi, oggi inopinatamente rispettoso della legge e delle convenzioni sociali, istintivamente proclive a osservarle e, almeno rispetto agli altri, sollecito a invocarne la sanzione. È come se la profezia secondo cui “se Dio è morto, allora tutto è possibile” non lo riguardasse in alcuno modo: egli continua a vivere plausibilmente anche senza i conforti della religione e sopporta con rassegnazione una vita che ha perduto il suo senso metafisico e sulla quale egli non sembra, del resto, farsi alcuna illusione.

[Giorgio Agamben, Il fuoco e il racconto, Roma, Nottetempo 2014, p. 19]