Un punto

domenica 14 Giugno 2009

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Un bel mattino del 1955 o del 1956, quando ero diventato un traduttore professionista, ho preso la mia macchina da scrivere e ho lasciato il mio subaffitto di Podolí per andare a Praga a fare aggiungere un punto esclamativo alla tastiera. Era una vecchia Underwood che aveva la mia età, i miei l’avevano comprata a un commesso viaggiatore nel 1931, quando erano maestri elementari a Herálec (stando al racconto di mia madre, per dimostrare la qualità della macchina, il rappresentante si era tolto le scarpe e si era messo a saltarci sopra a piè pari per fare vedere quanto fosse solida). Avevano comprato la macchina a rate e me la lasciavano usare — ancora oggi mi chiedo come mai non avessero paura che la rompessi, quando ero alle elementari, battevo già a macchina i miei “romanzi d’avventura”, all’epoca ne ho scritti una decina. Nell’autunno del 1951, la Sicurezza di Stato ha arrestato mio padre — mia madre era in carcere da due anni — mettendo i sigilli a tutte le porte, tranne che a quella di un cucinino vuoto che rimase aperto perché potessi dormirci in occasione dei miei soggiorni a Humpolec, e sono riuscito a sottrarre la macchina dalla stanza facendola passare in cucina attraverso un passa-vivande che avevano dimenticato di chiudere (all’epoca ero giovane e relativamente agile ed ero riuscito a passare attraverso l’apertura). Ho portato la macchina a Praga, nascosta in una grande valigia, e così è sfuggita alla confisca della casa e di tutti i beni che conteneva… Ancora oggi mi ricordo quel bel mattino, mi rivedo mentre vado da Podolì a Praga con la mia macchina da scrivere: sono un traduttore, vado ad aggiungere un punto esclamativo!  

[Jan Zabrana, Tutta una vita, cit., pp.121-122]