Un problema mio
Una volta ho fatto una supplenza di un mese e mezzo in una scuola, perché poi come al solito c’erano state le nomine e avevo dovuto cambiare scuola, e comunque un giorno mia sorella mi aveva regalato una maglietta nera con scritto MADE IN JAIL in bianco che aveva comprato a una festa a un banchetto dove c’era una cooperativa di carcerati che vendeva i suoi prodotti, allora, dovevamo essere ancora in uno di quegli inizi di ottobre ancora caldi e a scuola io dopo poco, visto che c’era caldo, mi ero tolto il maglione e ero rimasto soltanto con questa maglietta, e a un certo punto, ero in una quinta, uno studente mi chiede che cosa c’era scritto sulla maglia, io gli dico ma non fate inglese?, loro dicono sì, io dico c’è scritto MADE IN JAIL e allora lui mi dice ma non vuol dire fatto in prigione, io dico sì, e allora lui, che poi prima di farmi sta domanda io vedevo che chiacchierava con la sua compagna di banco, e comunque lo studente mi ha detto ma lei è stato in prigione?, e io gli ho detto che se ero stato in prigione è una cosa che riguardava me e non loro e ovviamente se ero lì a insegnare il fatto voleva dire che avevo pagato qualsiasi mio debito con la giustizia e quindi ero un libero cittadino alla pari di chiunque altro, e avevo chiuso così la cosa, e mi ero rimesso a spiegare, ma tre minuti dopo una studentessa mi ha detto ma lei non è un assassino? E io le ho detto che se ero o non ero un assassino era un problema mio e non loro, perché in ogni caso se ero lì significava che avevo pagato tutti i miei debiti con tutti e quindi non mi sembrava un argomento così interessante da discutere. Me lo avevano chiesto di nuovo anche dopo due o tre giorni e io gli avevo sempre risposto nello stesso modo, non dicendo né sì né no, e si capiva che era una questione che li scombinava. E però questi studenti, comunque nell’ipotesi che io fossi stato in galera e che forse fossi un assassino, da quel momento in poi avevano cominciato a comportarsi benissimo in classe, se per caso due chiacchieravano per un attimo, bastava che gli dessi un’occhiata e si mettevano subito zittissimi e in molti facevano anche degli appunti. Purtroppo, dopo più o meno quindici giorni, ho dovuto cambiar cattedra, se no sarebbe stato un bellissimo esperimento da fare.
[Ugo Cornia, Il professionale, pp. 88-90]