Un pezzetto

lunedì 6 Maggio 2013

Allora, per Puškin, fu molto importante la njanja, la nutrice, Arina Rodionovna, che gli raccontava, da piccolo, le fiabe popolari, e alcune Puškin poi le ha riescritte, e sono diventate celebri in tutto il mondo, come quella del pesciolino d’oro e quella lingua lì, la lingua della njanja, la lingua popolare, la lingua degli oggetti, delle mani, della fatica, la lingua parlata, Puškin l’ha portata nella letteratura, ne ha fatto la lingua della letteratura e alla njanja di Puškin, una contadina, una serva della gleba, una serva, a Pskov, che è la regione dove c’erano i possedimenti della famiglia di Puškin, hanno fatto un monumento, così come da noi, in Toscana, avrebbero potuto fare un monumento alla donna di servizio toscana di Manzoni, alla quale, continuamente, Manzoni chiedeva come si dicevano le cose in toscano, mentre lavorava alla nuova stesura dei Promessi sposi.

[Pezzetto del discorso sull’Evgenij Onegin come romanzo di formazione (chissà) che dico a Bergamo mercoledì 8 maggio]