Un inizio
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Molte lune fa il dollaro era a quota 870 e io ero a quota 32. Il globo era anch’esso più leggero – due miliardi di anime in meno –, e il bar della Stazione, in quella gelida sera di dicembre, era deserto. Lì, in piedi, aspettavo che venisse a prendermi l’unica persona che conoscevo in tutta la città. Il tempo passava, e lei non si faceva vedere.
Ogni viaggiatore conosce questo guaio: questo misto di sfinimento e di apprensione. È il momento in cui fissi attonito quadranti di orologi e tabelle di orari, analizzi il marmo varicoso sotto i tuoi piedi, inali ammoniaca e quel torbido odore che si sprigiona dalla ghisa delle locomotive nelle gelide notti d’inverno.
A parte il barista sbadigliante e la matrona assisa deitro il registratore di cassa, immobile, simile a un Buddha, tutt’intorno non si vede un’anima. Ma noi tre non potevamo far molto l’uno per l’altro, perché io avevo già dilapidato quasi tutto il mio capitale di italiano: il termine «espresso» l’avevo già usato due volte. Dalle loro mani avevo anche comprate il primo pacchetto di una mercanzia che negli anni a venire avrebbe assunto i nomi di «Merda Statale», «Movimento Sociale» e «Morte Sicura»: il mio primo pacchetto di MS. Così ripresi le mie valigie e uscii all’aperto.
[Iosif Brodskij, Fondamenta degli incurabili, traduzione di Gilberto Forti, Milano, Adelphi 1991, pp. 9-10]