Un inizio
Non so. Se dovessi dire, per me, è la musica. La musica proprio anche quella recente.
Però magari ci sono anche delle altre cose.
Una volta, per dire, ho visto un filmato dove c’ero io che raccontavo delle cose a un piccolo gruppo di studenti, che poi non erano studenti, nel senso che non era una scuola, era un piccolo seminario che durava dieci settimane, ci si incontrava una volta a settimana, per due ore, si intitolava Scuola elementare di scrittura emiliana, e era bello, ma quello non c’entra, quello che c’entra è che io gesticolavo.
Se mi avessero chiesto, prima che vedessi quel filmato, Quando parli gesticoli?, io gli avrei risposto Non tanto.
Invece gesticolo tanto.
Ecco questa è una cosa talmente tipica, che io, ormai, e credo anche gli altri, non ce ne accorgiamo neanche. Invece il mandolino, per dire, no.
Non so se avete mai sentito l’espressione Pizza e mandolino. Ecco, non so chi l’abbia inventata, però il mandolino, io, non ho mai visto un mandolino in vita mia.
Dopo, mi viene in mente, la vendetta, dicono che ci vendichiamo, ma io non lo so.
Io se qualcuno tarda a rispondermi a una mail, mi viene da pregargli dei chancheri, ma forse sono io che sono così che da qualche anno, forse, ho cominciato a darmi dell’importanza, a montarmi la testa, non so bene, sulla vendetta non so: forse che sì, forse che no.
E poi, se tardavano a rispondermi alle mail, o se non mi rispondevano al telefono, mi veniva da pregargli dei cancheri anche quando ero giovane quindi forse, probabilmente, i casi sono due, o io mi sono montato la testa fin da quando ero giovane, oppure la vendetta quella sì, che è una cosa tipicamente italiana che noi la pratichiamo senza neanche accorgercene, gesticoliamo, e ci vendichiamo, che detto così non sembra un popolo molto simpatico, da frequentare, il popolo italiano, ammesso che esista.
Ecco, gesticolare e la vendetta.
E anche la pizza. E anche la musica. Il mandolino no. La pizza sì, il mandolino no. E neanche l’inno. L’inno italiano, nel senso.
Che adesso io non lo so, lì in Olanda, se l’avete mai sentito, nel senso che l’avrete sentito, ma non so se avete idea delle parole. Avrete sentito la musica, le parole, non si capisce tanto, uno che non sa l’italiano non capisce niente, ma anche uno che lo sa non capisce tanto, ci son tutte delle parole come Scipio, Desta, Speme, Squilla, che io quando ero piccolo che me lo facevan cantare, io mi chiedevo Ma cosa sto dicendo?
Che a noi, da piccoli, in Italia, negli anni sessanta, c’era il maestro di musica, col pianoforte, che ci faceva cantare l’inno italiano. Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte, siam pronti alla morte, l’Italia chiamò. Avevamo sei anni.
Che poi quella lì, era la cosa che si capiva di più.
Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte, siam pronti alla morte, l’Italia chiamò.
Che io, non lo so.
[Non so, in Tipicamente italiano, Italiaanse taferelen, trad. in olandese di Pietha de Voogd, Amsterdam, Libreria Bonardi 2012, p. 168-171 ]