Un discorsino

sabato 15 Giugno 2019

Negli anni venti del novecento, un critico russo che faceva parte di quel gruppo di critici che eran stati chiamati, per offenderli, formalisti, e che avevano assunto questo nome e avevan finito per chiamarsi loro stessi formalisti e che in Italia, dal momento che erano russi, eran stati chiamati, da allora, formalisti russi, questo critico russo che si chiamava Jurij Tynjanov ha scritto, negli anni venti del novecento: «La prosa russa attraversa un periodo di crisi. (D’altra parte, anche la poesia attraversa un periodo di crisi. In generale, è difficile ricordarsi di un periodo in cui non attraversavano un periodo di crisi)».
Allora io, che sono nato nel 1963 a Parma, vale a dire in Italia, ho l’impressione che, da quando mi ricordo io, la poesia italiana, la prosa italiana, l’economia italiana, la giustizia italiana, la pubblica istruzione, italiana, la sanità, italiana, la politica, italiana, lo sport, italiano, attraversino, da allora, un periodo di crisi; a me sembra di esser sempre vissuto in un periodo di crisi e delle volte mi chiedo cosa succederebbe se passasse, la crisi, e ho come l’impressione che ne sentirei la mancanza.
E la letteratura, in particolare, io ho l’impressione che la letteratura si nutra, della crisi, che abbia bisogno, della crisi, e credo che la Napoli descritta da Alessio Forgione in Napoli mon amour sia un esempio eloquente della crisi che attraversiamo in questi anni in Italia e che, quando passerà, perché passerà, ci mancherà così tanto.

[Discorsino che ho fatto ieri, a Mosca, durante la cerimonia di assegnazione del premio Intersezioni a Alessio Forgione]