Un cielo
La nostra colonia penale era al limitare della fortezza, proprio accanto al bastione del forte. Capitava che si guardasse il mondo del buon Dio attraverso le fessure della palizzata: chissà che non si potesse vedere qualcosa? E quello che vedevi era soltanto un piccolo lembo di cielo sopra all’alto terrapieno coperto d’erbaccia, e avanti e indietro lungo il baluardo, giorno e notte, andavano le guardie, e subito pensavi che sarebbero passati anni interi, e tu proprio a quello stesso modo saresti andato a guardare attraverso le fessure della palizzata e avresti visto lo stesso baluardo, le stesse guardie e lo stesso piccolo lembo di cielo, non il cielo che sovrastava la colonia penale, ma un altro cielo, lontano, libero.
[Fëdor Dostoevskij, Memorie da una casa di morti, traduzione di Serena Prina, Milano, Feltrinelli 2017, p. 17]