Un bis
Sì sente? Grazie. Buonasera. Vi chiedo un favore. Siccome da qualche giorno mi sono abituato che, dopo i diari, che dovrebbero durare un quarto d’ora, io approfitto di una deroga che mi han dato Ermanna e Marco e finisco con una specie di bis che dura magari altre cinque minuti, volevo farlo anche stasera, solo che i diari di stasera son fatti in un modo, hanno un finale, che dopo quel finale lì ti passa la voglia, di chiedere e di fare dei bis, allora, quando succede così ogni tanto lo faccio, e lo faccio anche stasera, volevo chiedervi se non sareste così gentili da chiedermelo prima, il bis.
Grazie. Sono contento. No sono contento perché questo bis, in un certo senso, smentisce una cosa che mi avevano detto appena arrivato qui a Santarcangelo, che a Santarcangelo non ruba nessuno, non ci son furti. Che questa cosa, poi, tra l’altro, è stata smentita anche dai fatti perché sembra che, a una signora, proprio qui nello sferisterio, domenica, di pomeriggio, le han rubato la borsetta. Accompagnava i ragazzi che fan le prove di Majakovskij, che io, non mi son mica sorpreso, perchè Majakovskij è uno che, andarci accnato, non porta mica tanta fortuna, anche se, bisogna dire, ci son stati degli altri casi, qui a Santarcangelo, che hanno rubato, e che Majakovskij non c’entrava niente, adesso a me Majakovskij non mi è mica tanto simpatico ma non è che si può dare sempre la colpa a Majakovskij, rubano anche senza Majakovskij, a Santarcangelo, come è dimostrato dalla poesia che adesso vi leggo e che è di Raffaello Baldini e si intitola I ladri e fa così:
I ladri
Bisogna pregare che non vengano, ma se vengono, è una cosa, ragazzi, i ladri in casa, non è neanche quel che rubano, è quello che lasciano, come fosse passata la tempesta, spaccano, rompono, cagano, io, da me, hanno cagato, per dispetto, davvero, nel salotto, no, se non le provi, certe cose bisogna provarle, non me lo dimenticherò mai quel mercoledì sera, è stato alla fine di maggio, ho capito subito, quando ho girato al roccolo, che ho visto la luce accesa in una camera e la porta accostata che dondolava, mi sono fermato lì appoggiato al muro come se m’avessero inchiodato, non m’arrischiavo a entrare, se c’erano ancora? ho aspettato un bel pezzo, poi per fortuna è venuto su Cornelio, ha visto tutto, ha capito, è voluto andare avanti lui, poi mi ha chiamato, e quel che ho trovato, è la mia casa, questa? non si capiva più niente, il finimondo, e lì, vuoi piangere? mi sono tolto la giacca, mi sono fatto all’ingresso, dal cassettone, che l’avevano svuotato, tutta la roba in giro, poi il corridoio, le camere, e sta’ buono che la Dina era fuori, a Rimini, a trovare sua sorella, ci stava anche a dormire, sono andato avanti tutta la notte, alle tre, oh, adesso ci siamo, è ancora la mai casa, e la mattina dopo, quando è arrivata, sì, avevano rotto qualche piatto, una zuppiera, due tre bicchieri, il vetro del diploma, avevano anche squartato i cuscini del divano, chi sa quel che credevano, che tenessimo i soldi ancora nella calza, alle otto era venuto Curio della Seconda a riparare la serratura, insomma, lei non s’era accorta di niente, aveva un mazzo di fiori, è andata dritto in cucina, li ha posati nel catino, ha fatto correre l’acqua, ha brontolato che avevo tenuto tutto chiuso, ha messo a posto delle cose sulla credenza, e io zitto, aspettavo il momento buono, non volevo spaventarla, ma è venuta la Morena, apriti cielo, gli strilli, le escalamazioni, che l’ho sgridata, la Dina era diventata bianca come un panno lavato, s’è toccata la collana, i braccialetti, s’è guardata attorno, è andata nella nostra camera, apriva tutto, era un carabiniere, poi nelle altre camere, contava, coperte, lenzuoli, federe, tovaglie, asciugamani, camicie, giacche, tutto, ha contato, ha ricontato, non mancava niente, s’è buttata a sedere su una sedia, seria, poi di colpo una risata: «ci volevano i ladri, quei cuscini, va là, erano andati, e cambiamo anche il divano, questo non ne può più, poi m’ha stufato, tu cosa dici?», «che hai ragione», dopo sono uscito, sono arrivato in piazza, che m’avranno fermato in cento, e la sera siamo andati a mangiar fuori, alla faccia dei ladri, ma il giorno dopo ci ho ripensato, tutto questo casino per niente? sono venuti per niente? che, figurati, quelli sono gente che la studia prima di muoversi, vanno a colpo sicuro, loro qui hanno preso, che io non lo so, ma lo sanno ben loro, ed è un po’ che, alla Dina non ho detto niente, ma quando non c’è, che esce, vado per tutta la casa, guardo, tocco, cerco di mettermi nei loro panni, dei ladri, cosa c’era qui che gli poteva piacere? e che adesso non c’è più? delle volte faccio una prova, sto con gli occhi chiusi un bel po’, poi li apro di colpo, che così, secondo me, si vede meglio se qualcosa non è al suo posto, ho in mente anche di metter giù su un quaderno, camera per camera, tutto, sino a un bottone, che non so ancora a cosa potrà servire, ma intanto, quando è tutto scritto, che poi loro, chissà, magari hanno preso una cosa che io non ci facevo nessun conto, che non sapevo nemmeno d’averla, e invece loro, per loro era un valore, solo che cercare alla cieca, ma cerco sempre, non ho pace, passano i giorni, delle volte dico: e scrivergli? se si potesse, ai ladri, ma non si può, dove gliela mandi? o se no un volantino, porca puttana, non ci avevo pensato, davvero, un volantino, di carta colorata, lo lasci in giro, quello prima o poi lo leggono, scritto bene in grande, da dirgli: quel che è successo non ne parliamo, non voglio indietro niente, adesso è roba vostra, ormai è fatta, chiuso, ma datemi soddisfazione, una domanda sola, che mi potete rispondere solo voi: cosa avete portato via? cosa m’avete rubato?
[diari di venerdì al Festival di Santarcangelo]