Tutto tranne che il liscio (primo giorno-4)
Un’altra volta c’era stata la proposta, non mi ricordo di chi, del sei politico, e Massimo mi aveva chiesto sull’autobus, Ma tu sei d’accordo, col sei politico? Perfettamente d’accordo, gli avevo detto io, con una postilla. Quale postilla? Si promuovono solo quelli che prendono sette.
Ecco l’autobus era un posto dove io mi sentivo un po’ come a casa mia, solo le linee che prendevo io, però, il sei e l’otto, su quelle due lì, anche quando oltrepassavano le colonne d’ercole, l’autobus aveva una specie di immunità diplomatica che mi faceva star bene; anche quando ero in centro, sull’autobus numero sei o numero 8, a me mi sembrava di essere al bar riviera, che invece, quando ci andavo da solo, in centro, in bicicletta, o in motorino, o a piedi, per negozi, il centro era un posto, era tutto diverso, anche i vestiti della gente, anche la pavimentazione delle strade, non mi sembrava neanche la mia città, la mia città era poi un’altra, via Cenni, piazzale Maestri, la latteria numero 10, il bar Riviera, la casa di cura citta di parma, cosa me ne facevo io del centro?
Eppure ci andavo lo stesso. Ero come obbligato. Era come se c’era qualcuno che me lo ordinava. E io ubbidivo. Ma non ero contento. Non mi tornavano i conti. Adesso, non l’ho mai pensata, allora, questa cosa, ma adesso mi vien da pensare: perché Patrik Hernandez sì, e Raoul Casadei no? Che senso aveva?
[si sente qui]