Tutto tranne che il liscio (primo giorno-2)
Quando poi ho cominciato a andare a scuola, ho cominciato, ogni tanto, anche, a uscire di casa, di pomeriggio, con mio fratello, o anche da solo, era un periodo che anche i bambini di sette otto anni potevano uscire di casa anche da soli, non faceva paura, ancora, il mondo, non faceva paura.
L’unica cosa ci dicevano di non superare Via Montebello, e noi, d’accordo, non superavamo, e nella mia testa, Via Montebello, che era, quanto sarà stato, cinquanta metri, in linea d’aria, da casa mia, è stata un po’, ma per qualche anno, come le colonne d’Ercole.
E anche la strada che c’era di fronte a via Cenni, praticamente di fronte a casa mia, che era una strada chiusa, che si chiamava, e si chiama ancora, Via Compiani, era una strada, c’era la banda, in via Compiani, la banda di via Compiani, che eran dei ragazzi appena un po’ più grandi di me che facevan un po’ i bulli, e per me, era vicinissima, ma per me, anche quella lì, è sempre stato un posto che mi metteva a disagio.
Solo qualche anno dopo, quando facevo le superiori, e in classe con me c’era anche uno che abitava in via Compiani, Massimo, Massimo Donelli, se si può dire, che era stato bocciato ed era finito in classe con me, solo allora via Compiani era diventato un posto normale, era poi uno normale, Massimo Donelli, anche simpatico, parlavamo molto, soprattutto in autobus.
Una volta, a tornare a casa, mi aveva detto una cosa che mi è rimasta sempre in mente, che uno dei suoi amici, appena più grandi di me, di quella banda lì che si conoscevano fin da quando eran piccoli, lui non capiva che cosa gli era successo; non si poteva più frequentarlo. Come mai? gli avevo chiesto a Massimo. Ma sai cosa fa? mi aveva detto lui. Cosa fa? gli avevo chiesto io. Va a ballare il liscio. No, gli avevo detto io. Sì.
Avevamo, secondo me, tipo sedici anni. Forse diciassette.
[si sente qui]