Tutto tranne che il liscio (4-4)
Solo che poi, quando son poi tornato a casa, nel 91, ancora una volta, l’Italia, a me, Parma, la mia città, è un’espressione un po’ forte, mi faceva schifo. Non riuscivo a guardare la gente, per strada. Mi sembrava che tutti mi dicessero Guardami Guardami, Guarda come son bello, e mi dava giù il cuore. Mi veniva da tornare a casa e star tutto il giorno sopra il divano, alla russa, come Oblomov, ero un disadattato. Dopo un po’ mi è passata, ma allora, per un periodo non corto, diciamo tre quattro anni, per me i momenti in cui stavo in Italia eran dei momenti di pausa tra un viaggio in Russia e un altro, e quello è stato un periodo che, diversamente dal resto della mia vita, ascoltavo un sacco di musica, musica russa, prevalentemente, ma non solo, perché in Russia, avevo scoperto, i russi conoscevan benissimo la musica italiana, il festival di Sanremo, in Unione Sovietica, è stato per anni l’unico spettacolo occidentale che facevano vedere in diretta, e c’eran delle canzoni, che in Italia io non avrei cantato neanche se mi pagavano, che in Russia avevo cantato più volte, ma con piacere, dentro degli appartamenti sovietici, in cucine strettissime, seduti su degli sgabelli intorno a un tavolo con sopra una bottiglia di vodka, un baton di pane nero, due cetrioli e tre pomodori.
[Si sente qui]