Tutto tranne che il liscio (3-1)

mercoledì 3 Giugno 2009

Terzo giorno

Ero tornato in Italia nel 1988, in febbraio, e mi sembrava di avere un sacco di soldi. Forse non ho mai più avuto tanti soldi in vita mia. Cioè: se consideriamo i soldi che avevo e quelli che spendevo, io potevo stare sei o sette anni senza far niente, dopo che era tornato dall’Iraq.

E forse avrei fatto meglio a far così, invece, sempre rispondendo a un annuncio sul giornale, avevo trovato un lavoro, da ragioniere, in un’impresa che si occupavan di moda, facevan delle borse, di pelle, e avevano soprattutto l’esclusiva per la vendita a Parma e in provincia di Parma delle borse di pelle che faceva uno stilista famoso che viveva a Milano.

Era un posto, no ma, la gente era anche simpatica, mi trattavano bene. Solo che era un posto là, in via Jenner, che era una parte della città che io non avevo mai frequentato, verso ovest, verso Piacenza, un quartiere stranissimo, con dei capannoni, dei casermoni, dei palazzoni. Era un quartiere, non so come dire, sembrava di essere a Cernusco sul Naviglio, non a Parma. E poi io. Avevo una seggiolina, lì, in un angolino. Ero lì con la mia cravattina, nel mio angolino, che facevo le mie cosettine. Allora cosa vuoi fare. Allora niente. Due settimane. Poi, il terzo lunedì, invece di mettermi la cravattina, mi ero messo una camicia a scacchi, me la ricordo ancora, rossi e neri. E invece di andare in ufficio mi ero fermato in piazzale maestri e da lì, dal telefono a gettoni del bar riviera, avevo chiamato l’ufficio avevo detto che io preferivo stare a casa; e niente, avevo fatto colazione, mi ero messo a leggere il giornale, dopo neanche dieci minuti era arrivato Nadir. Ci eravam presi su, eravamo andati a fare un giro. Sai cosa siamo io e te? mi aveva detto lui.
Cosa siamo?
Siamo due che non abbiam voglia di far niente, e lo facciamo.

[si sente qui]