Tre note

sabato 16 Gennaio 2010

goffman

1. Forse la vera colpa dell’imbroglione non consiste tanto nel fatto che egli carpisce il denaro alle sue vittime, quanto nel fatto che deruba tutti noi dell’idea che maniere e apparenze del ceto medio possono essere mantenute solo da persone di quel ceto. Un professionista spregiudicato può esser cinicamente ostile nei confronti dell’atteggiamento servizievole che i suoi clienti si aspettavano da lui; l’imbroglione è nella posizione di considerare tutto il mondo civile con questo disprezzo.
2. Harry Stack Sullivan sostiene che il tatto di ospiti di istituzioni totali può operare in direzione opposta: ne deriva una specie di guarigione noblesse oblige. Si veda il suo articolo Sociopsychiatric Reseach, in «American Journal of Psychiatry», X (1893), pp. 978-88. «Uno studio di qualche anno fa, sulle “guarigioni sociali” in uno dei nostri grandi ospedali psichiatrici, m’insegnò che spesso certi pazienti venivano dimessi perché avevano imparato a non mostrare più i loro sintomi a quanti li circondavano; in altre parole, avevano sufficientemente integrato l’ambiente che li circondava per capire i pregiudizi esistenti nei confronti delle loro allucinazioni. Sembrava quasi che fossero diventati tanto saggi da sopportare l’imbecillità circostante, avendo finalmente scoperto che si trattava di stupidità e non di cattiveria. Essi potevano allora provare soddisfazione dal contatto con altri, scaricando parte delle loro ossessioni con mezzi psicotici».
76. Ci sono altri motivi che giustificano il prestar attenzione a rappresentazioni e facciate apertamente false. Quando vediamo che finte antenne televisive vengono vendute a persone che non hanno televisori, o pacchetti di etichette di alberghi di lusso a persone che non si sono mai mosse da casa, e ruote a raggi di tipo sportivo ad automobilisti con macchine molto comuni, abbiamo una chiara testimonianza della funzione espressiva di oggetti strumentali. Quando studiamo cose autentiche, cioè le persone con vere antenne e veri televisori, in molti casi puù esser difficile dimostrare in modo inequivocabile la funzione di ciò che può esser chiamato un atto spontaneo o strumentale.

[Erving Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione, tr. di Margherita Ciacci, Bologna, Il Mulino, 1969, Note al capitolo primo, pp. 88, 89, 93.]