Terza mossa
Terza mossa: conquistare l’Africa. Tanto appassionatamente gridò al mondo la propria africanità – e credibilmente, visti i guai che aveva passato per essersi rifiutato di andare a combattere contro un paese del terzo mondo – che quando Foreman arrivò all’aeroporto di Kinshasa gli zairesi rimasero stupiti nel constatare che era nero anche lui: credevano fosse bianco. Del resto, una fatalità occorse a ritrasformarlo immediatamente in bianco, poiché sbarcò dall’aereo insieme al suo amatissimo pastore tedesco, e i pastori tedeschi erano i cani-poliziotto usati dall’esercito belga durante l’occupazione coloniale, ragion per cui, nel cuore degli spettatori che avrebbero riempito lo stadio, si sarebbe trattato di un match tra un figlio dell’Africa, e il simbolo del colonialismo.
[Sandro Veronesi, Un dio ti guarda, Milano, La nave di Teseo 2016, pp. 151-152]