Sul profano

sabato 22 Giugno 2013

Qualche anno fa, per una mostra sul sacro che c’è stata alla galleria civica di Modena, mi hanno chiesto di scrivere un pezzo sul sacro e io l’ho scritto e cominciava così: «Quando stendi il bucato, e poi esci e torni a casa e senti odore di sapone di Marsiglia. Quando hai un computer nuovo e stai caricando il programma di scrittura. Quando sei in giro, in centro, con tua figlia, e ti volti a vedere se è dietro di te e la vedi e ti vien da pensare “Ma com’è bella”. Quando firmi un contratto di allacciamento del gas. Quando vedi che gli alberi sono diversi e pensi “L’autunno ha cambiato il giardino”. Tutte le volte che ti svegli che hai fame. Quando senti qualcuno che sta attento a quello che dice. Quando ti rammendi le tasche della giacca. Quando si beve il primo vino dell’anno, hai vent’anni, e sembra un succo di frutta, sì e no cinque gradi. Quando vedi un uomo assorto nei suoi pensieri. Quando stai per lasciare l’appartamento nel quale hai abitato tre anni, fai l’ultimo giro e trovi il mozzicone di candela che avevi usato il primo giorno che c’eri entrato, che non ti avevano ancora attaccato la corrente. Quando stai stendendo i panni e ti sorprendi a cantare» e poi andava avanti e l’altro giorno, non so perché, mi è venuto in mente che si potrebbe fare anche un controelenco, che si potrebbe chiamare, con poca fantasia, Sul profano e che potrebbe cominciare così: «Quando non ti ricordi se hai preso o non hai preso le pillole. Quando lasci in frigorifero il prosciutto per due settimane. Quando ti alzi tre volte di seguito perché suona il citofono tre volte di seguito e erano, tre volte di seguito, tre persone che volevano mettere dentro la cassetta delle lettere della pubblicità, e tu lavori in casa, e ti sei interrotto, tre volte di seguito, nel lavoro che stavi facendo. Quando sei a Milano, un venerdì, e senti dire “Buon week end”, e poi, dopo un po’, senti dire ancora «Buon week end», e tu lavori in casa, e il sabato e la domenica lavori come tutti gli altri giorni, e per te dire «Buon week end» equivale a dire “Buon martedì e mercoledì”, e ti vien da pensare che tu, i milanesi, non li capisci. Quando sei su un treno e ci sono due mamme con due bambini piccoli che sembra che siano convinte che il fatto di avere due bambini piccoli le esenti dall’essere degli esseri adulti, e ragionevoli, e riservati. Quando ti accorgi che la gente ti dà fastidio, e ti vien da pensare che la colpa non è della gente».

[Uscito ieri su Libero]