Sul profano
Qualche anno fa, per una mostra sul sacro che c’è stata alla galleria civica di Modena, mi hanno chiesto di scrivere un pezzo sul sacro e io l’ho scritto e cominciava così: «Quando stendi il bucato, e poi esci e torni a casa e senti odore di sapone di Marsiglia. Quando hai un computer nuovo e stai caricando il programma di scrittura. Quando sei in giro, in centro, con tua figlia, e ti volti a vedere se è dietro di te e la vedi e ti vien da pensare “Ma com’è bella”. Quando firmi un contratto di allacciamento del gas. Quando vedi che gli alberi sono diversi e pensi “L’autunno ha cambiato il giardino”. Tutte le volte che ti svegli che hai fame. Quando senti qualcuno che sta attento a quello che dice. Quando ti rammendi le tasche della giacca. Quando si beve il primo vino dell’anno, hai vent’anni, e sembra un succo di frutta, sì e no cinque gradi. Quando vedi un uomo assorto nei suoi pensieri. Quando stai per lasciare l’appartamento nel quale hai abitato tre anni, fai l’ultimo giro e trovi il mozzicone di candela che avevi usato il primo giorno che c’eri entrato, che non ti avevano ancora attaccato la corrente. Quando stai stendendo i panni e ti sorprendi a cantare» e poi andava avanti e l’altro giorno, non so perché, mi è venuto in mente che si potrebbe fare anche un controelenco, che si potrebbe chiamare, con poca fantasia, Sul profano e che potrebbe cominciare così: «Quando non ti ricordi se hai preso o non hai preso le pillole. Quando lasci in frigorifero il prosciutto per due settimane. Quando ti alzi tre volte di seguito perché suona il citofono tre volte di seguito e erano, tre volte di seguito, tre persone che volevano mettere dentro la cassetta delle lettere della pubblicità, e tu lavori in casa, e ti sei interrotto, tre volte di seguito, nel lavoro che stavi facendo. Quando sei a Milano, un venerdì, e senti dire “Buon week end”, e poi, dopo un po’, senti dire ancora «Buon week end», e tu lavori in casa, e il sabato e la domenica lavori come tutti gli altri giorni, e per te dire «Buon week end» equivale a dire “Buon martedì e mercoledì”, e ti vien da pensare che tu, i milanesi, non li capisci. Quando sei su un treno e ci sono due mamme con due bambini piccoli che sembra che siano convinte che il fatto di avere due bambini piccoli le esenti dall’essere degli esseri adulti, e ragionevoli, e riservati. Quando ti accorgi che la gente ti dà fastidio, e ti vien da pensare che la colpa non è della gente».
[Uscito ieri su Libero]