Sui convegni su L. P.

lunedì 28 Marzo 2011

Paolo Nori al convegno del 9 febbraio 2004 (e in quello del 20 settembre 2003 e del 3 aprile 2004) ha cantato con molta precisione la canzone che piaceva a Learco Pignagnoli, la quale dice: A chi / sorriderò se non a te. / A chi / se tu, tu non sei più qui. / Ormai e’ finita, / e’ finita, tra di noi. / Ma forse un po’ della mia vita / e’ rimasta negli occhi tuoi. / A chi / io parlerò, se non a te. / A chi / racconterò tutti i sogni miei. / Lo sai m’ hai fatto male / lasciandomi solo così, / ma non importa, io ti aspetterò. / A chi / io parlerò se non a te. / A chi / racconterò tutti i sogni miei. / Lo sai m’ hai fatto male / lasciandomi solo così, / ma non importa, io ti aspetterò. Non essendo abituale il canto ai convegni, l’intervento impavido di Paolo Nori è stato accolto dal pubblico con soddisfazione, anche se il moderatore Alberto Manfredini detto El Gaucho, divorato dalla fretta e dall’ansia di moderare, avrebbe a suo dire voluto evitare la ripetizione integrale del ritornello: a chi / io parlerò se non a te. Nello stesso convegno tuttavia, mosso da rigore scientifico documentario e non intimidito da Paolo Nori, il valente studioso di storia russa e italiana Marco Raffaini, ha sostenuto che Pignagnoli prediligeva in realtà un’altra canzone, che ha cantato come qui di seguito è stata trascritta (dalla registrazione): I tuoi corti capelli come sono cambiati / no, non mi dire chi li ha accarezzati. / Fossi un pittore brucerei il tuo ritratto / ma sono solo un amante distratto. / Io non posso cantare e non voglio / mi lasciasti solo con il mio orgoglio. / La mia anima è un labirinto / dove ho spento il fuoco con le mani / ma come vuoi che io ti dica rimani / se ti sfioro eppure siamo lontani. / Più ci penso e più mi viene voglia di lei / anche se nella mia mente più bella tu sei. / La mia sete cresce finché l’acqua non c’è / ed ora che ci sei / io più ci penso più mi viene voglia di lei. / Le mie forze di uomo sono poche, perdono / io mi avvicino e riscopro il tuo seno / e il tuo profumo come un dolce veleno / sfida il ricordo di pure emozioni. / Lei aveva una paura dolce, / il tuo sguardo ti taglia come una falce / io di te subisco la presenza, / ma di lei non posso fare senza. / Sono qui ed il tuo amor consumo, / come lei non amerà nessuno. / Più ci penso e più mi viene voglia di lei / anche se nella mia mente più bella tu sei. / La mia sete cresce finché l’acqua non c’è / ed ora che ci sei / io più ci penso più mi viene voglia di lei. Il moderatore (El Gaucho) che aveva invano cercato di interrompere l’esposizione del documento, a suo dire troppo particolareggiato se pur interessante, ha invitato i relatori a trattenersi da allora in avanti dal canto, che normalmente non è in uso ai convegni, ma è in uso invece tra i convegnisti ubriachi che affollano le bettole e le osterie a fine convegno (e le pizzerie). Questo non è sempre vero, ha poi commentato Marco Raffaini, ci sono convegnisti che non cantano mai, e che dopo i convegni si ritirano in albergo depressi con la voglia di tacere per sempre; lì accendono la televisione e guardano fino a notte inoltrata le trasmissioni più indecenti e imbecilli; che è una forma degradata del suicidio classico.

[Ermanno Cavazzoni, viene da qui]