Su suo fratello

lunedì 8 Dicembre 2008

Della tremenda giornata dell’undici marzo ricordo tutto. Mi alzai alle dieci. Svegliai Francesco e gli ricordai che doveva andare a studiare da un amico in via delle Torette. Lui uscì per recarsi da questo amico. Alle 12,30, finito di studiare si diresse verso Piazza Verdi perché doveva acquistare il biglietto per il treno che doveva portarlo alla manifestazione nazionale del giorno dopo a Roma. Prima di arrivare in piazza venne a sapere degli scontri in corso all’Università. Lui era responsabile del servizio d’ordine. Arrivò sul posto che c’erano degli spari. Io questa estate ho incontrato Tramontani, il carabiniere che lo colpì a morte. Ho trovato una lettera di qualche anno fa che lui aveva spedito a mio padre, il quale però non se la era sentita di vederlo. È stato un colloquio da uomo a uomo, ma devo dire anche un incontro fraterno, sì fraterno. Io non sono in grado di giudicare lui… Mi ha detto che si è trovato a 20 anni che gli tiravano le bombe molotov. Scese dal mezzo dove si trovava, c’era un gran fumo, perse la testa e sparò. Non si ricorda se fu incitato. La cosa è complessa, non può essere affrontata con leggerezza. Si tratta comunque di un uomo che ha famiglia, dei figli.
Lui non si rese conto, non vedeva. Era un ragazzo… Poi è stato protetto dalla struttura, fatto espatriare. Io venni informato all’ora di pranzo dall’amico dove era andato a studiare. Due settimane prima mi aveva raccontato di un sogno, sicuramente premonitore. C’era un’aquila nera che volteggiava sopra di lui.

(Giovanni Lorusso su Francesco Lorusso, da La piuma e la montagna, storie degli anni ’70, a cura di F. Barilli, S. Sinigaglia, op. cit., p. 114)