Stranieri

sabato 19 Dicembre 2009

tarantino

Per quella cosa di cui mi dicevi prima, io credo che l’inumazione sia la soluzione migliore anche perché, se l’ho conosciuto bene, lui non era un nichilista e era contrario a ogni dissoluzione. In fondo, amava la vita. Lui diceva sempre: mangia e lasciati mangiare. E allora io direi di lasciare che le cose abbiano il loro corso, che in parole povere vuol dire: io mangio te e tu mangia me. Che un verme è solo un verme, ma noi di lui ne sappiamo tanto quanto lui ne sa di noi. Per esempio: chi era tuo marito? Chi era tuo padre? Anche un verme avrà avuto un padre, e un verme avrà avuto una moglie, della quale sarà stato più o meno innamorato. Ma poi l’amore passa e rimangono i problemi: i figli da tirare su, che c’è il più forte e il più debole, lo studioso e lo sportivo. E poi l’affitto per un buco qualunque che anche per i vermi non saranno rose e fiori e da qualsiasi parte un padrone di casa c’è sempre. E allora bisogna pagare, mentre la moglie del verme strilla che lui è un incapace, un buono a nulla, e che dovrebbe prendere esempio dal verme che ha il buco accanto al nostro; e poi il cibo, che i nostri vermicelli non hanno mai niente da mangiare.
Per questo io direi che le cose seguano il loro corso. Perché c’è la vita: quella vita che lui ha mangiato e dalla quale s’è lasciato divorare.

[Antonio Tarantino, Stranieri, in La casa di Ramallah e altre conversazioni, Milano, ubulibri 2006, p. 46]